Chi ha avuto molto deve dare molto: addio a Giulia Maria Crespi

CV 20200722 GMC FAI TorbaÈ scomparsa il 19 luglio, all’età di 97 anni, Giulia Maria Crespi, fondatrice e Presidente Onoraria del FAI, Fondo Ambiente Italiano, discendente dalla famiglia di cotonieri lombardi ancora oggi nota per la città operaia di Crespi d’Adda.
«Chi ha avuto molto deve dare molto» era una delle affermazioni che pronunciava spesso, ed alla quale seguivano i fatti, essendo stata educata secondo i sani, severi ed ormai volatilizzatisi principi della borghesia lombarda.
Nel 1962 entrò nella gerenza del quotidiano Il Corriere della Sera, di proprietà della famiglia, contribuendo a svecchiarlo ed a dirottarlo dall’area conservatrice chiamando alla direzione Giovanni Spadolini e, successivamente, Piero Ottone ed assumendo Pier Paolo Pasolini, Goffredo Parise e, dal 1967, Antonio Cederna, giornalista esperto in temi ambientali e fratello di quella Camilla che, già ritenuta mandante morale dell’omicidio del commissario Calabresi per il libro che scrisse all’indomani dell’attentato di piazza Fontana, con il calunnioso libello ‘Giovanni Leone, la carriera di un presidente’ ne provocò le dimissioni.
Ma non siamo qui per parlare di spazzatura comunista.
Possiamo collocare l’embriogenesi del FAI nell’anno 1967 quando, con Renato Bazzoni conosciuto nelle fila di Italia Nostra, organizzò Italia da salvare, notevolissima mostra fotografica che per prima denunciava il degrado urbanistico e ambientale dell’Italia del boom economico.
L’anno successivo fondò l’Associazione Alessandro Manzoni ma il progetto non decollò ed infine, nel 1975, insieme a Renato Bazzoni, Alberto Predieri e Franco Russoli, costituì il FAI dotandolo di 500 milioni di lire per acquistare il Monastero romano-longobardo di Torba, in provincia di Varese, dimostrando che non solo nei paesi anglosassoni un’associazione privata poteva gestire un bene destinato alla fruizione pubblica.
Giulia Maria Crespi affermò spesso di non credere molto nel FAI, che infatti vivacchiò praticamente sconosciuto sino alla metà degli anni ’80, acquisendo notorietà grazie alla donazione dell’Abbazia e del borgo ligure di San Fruttuoso da parte dei principi Doria Pamphilj, alla quale seguirono a ritmo serrato il Castello della Manta in provincia di Cuneo, la Villa del Balbianello sul lago di Como e Villa Della Porta Bozzolo a Casalzuigno in provincia di Varese.
Venne acquistato il Castello di Masino, una delle più importanti regge piemontesi allora in rovina, ed iniziarono le Giornate FAI e le altre manifestazioni che resero popolare l’associazione facendole perdere lo spirito elitario delle origini.
Arrivarono la gestione del Giardino della Kolymbethra di Agrigento e quella del Parco Villa Gregoriana a Tivoli.
Il resto è cronaca, con 60 siti ed oltre duecentomila iscritti. Purtroppo lo spirito iniziale del FAI si è smarrito, trasformando l’associazione in una sorta di comitato d’affari che non ha disdegnato né di sfruttare lavoratori e volontari, né di inserirsi, anche in modi non ortodossi, in realtà non pertinenti con la missione istituzionale.
Ma non c’è solo il FAI: non va dimenticato che Giulia Maria Crespi, da sempre punto di riferimento nelle grandi battaglie ambientaliste, fu colei che introdusse l’agricoltura biodinamica, insegnata e praticata nella sua grande azienda agricola di Bereguardo, sulle rive del Ticino e dove ha chiesto di essere sepolta.

ACS

Sorella Acqua: stato dell’arte

La trentanovesima edizione del Festival del Cinema Africano1, tenutasi a Verona dall’8 al 17 novembre, ci ha riportati ad alcune riflessioni su un tema a noi particolarmente caro, quello dell’acqua.CSE 2019.11.26 Acqua 001Poiché siamo in ambito di cinema africano facciamo nostro il filo conduttore di uno scritto pubblicato in questi giorni su Nigrizia2 a firma di Alex Zanotelli3, il combattivo padre Comboniano che già il 20 novembre di dieci anni fa, all’indomani dell’approvazione in Parlamento della cosiddetta Legge Ronchi4, si scagliò contro coloro che la votarono al grido di “Maledetti voi!” facendo propria l’espressione usata da Gesù secondo il Vangelo di Luca: “Maledetti coloro che hanno votato per la mercificazione dell’acqua. Noi continueremo a gridare che l’acqua è vita, l’acqua è sacra, l’acqua è un diritto fondamentale umano, perché questa è la più clamorosa sconfitta della politica, è la stravittoria dei potentati economico-finanziari e delle lobby internazionali. È la vittoria della politica delle privatizzazioni, degli affari, del business.”
Dal novembre 2009 al giugno 2011 il passo fu breve, e il disastro delle coscienze totale nel fare strame della volontà popolare dimostrando che non da oggi l’Italiland è saldamente in mano ad una losca cricca malavitosa che nessuno schieramento politico e nessun movimento finto spontaneo potranno mai scalfire.
Spesso anzi partiti e movimenti, ad onta di ciò che viene ammannito ad una base di zombie sempre più inconsapevoli, esistono per tirare la volata a potentati economici dietro ai quali si nascondono, ma nemmeno tanto, gruppi criminali.
Come sarebbe a dire nemmeno tanto? Certo, nemmeno tanto, nel momento in cui tali gruppi e le loro esteriorità vengono prese trasversalmente a modello, secondo un copione tipico delle società culturalmente sottosviluppate e, spesso, di matrice cattolica. I casi latino americani, nell’agghiacciante silenzio dei media che contano, sono sotto gli occhi di chiunque sia in grado di vedere.
E quindi l’acqua.
Infatti si fa presto a parlare di acqua pubblica, quando 26 milioni di ‘’ non sono bastati per trasformare il modello di gestione del servizio idrico nazionale. A otto anni dal referendum del 12 e 13 giugno 2011, nel quale il 54% degli elettori affermò la propria opposizione ad ogni forma di privatizzazione, non solo le tariffe non sono cambiate ma si è anzi sviluppata una pletora di società che, come per gas, energia elettrica e telefonia, sciacalla l’ultimo miglio, l’ultimo metro, l’ultimo centimetro di rete di trasporto per campare sul nulla drenando ciò che nelle tariffe generali è già previsto come surplus, per poter giocare a praticare sconti giustificando l’esistenza di queste aziende parassite.
Dal 2011 ad oggi si sono viste città come Ferrara, che hanno ridotto la partecipazione pubblica nelle multiutility, e regioni, come Red Tuscany, che davanti alle richieste dei comitati hanno attuato la tipica sgtrategia della sinistra, chiudendo la porta al dialogo.
In ogni caso, ad otto anni dal referendum, l’acqua non è uscita dal mercato, nonostante i sette governi alternatisi, che hanno visto in sella esponenti politici che, pur eletti dal popolo sovrano, se ne fregano di ciò che ventisei milioni di persone appartenenti a quel popolo hanno deciso nel giugno 2011, affermando che l’acqua deve uscire dal mercato e che non si possono fare profitti sull’oro blu.
Politica sorda e popolo smemorato, esaurita l’onda emotiva. È un conto che chi detiene il potere sa fare benissimo e chissenefrega di cambi di casacche, opinioni, ruoli in corsa. Tanto non se ne accorge nessuno.
E anche fosse, due parole per intortare gli incauti si trovano sempre.
Un esempio? L’attuale presidente della Camera Roberto Fico, che mosse i primi passi proprio lottando, a Napoli, a favore dell’acqua che definì diritto umano fondamentale, tanto da affermare, invitando in parlamento i rappresentanti del Forum dei movimenti per l’acqua: “Lego la mia presidenza alla legge sull’acqua.”
Gli italilandesi hanno dimenticato, o forse non hanno mai saputo, storditi fra jus-sola e migranti tanto nullafacenti quanto arrapati, che nel famoso “contratto” del governo giallo-verde, l’acqua pubblica compariva, nella lista, al primo posto.
L’acqua che si sarebbe dovuta sottrarre allo strapotere di controllo ad Arera, autorità il cui fine è la gestione dell’acqua nel mercato, per restituirla al ministero dell’Ambiente, è ancora lì, esattamente dove stava prima. Anzi, approvando il decreto Crescita, è stata di fatto privatizzata l’acqua di Puglia, Basilicata e Campania.
Inquietanti anche il silenzio e l’inazione dei due presidenti della repubblica susseguitisi nella carica dal giugno 2011, nonostante il dovere costituzionale di richiamare i governi all’obbligo istituzionale di tradurre i referendum in leggi.
La prima vittima di questi veri e propri tradimenti, particolarmente gravi in un momento così difficile, sarà il bene comune più prezioso: l’acqua. Ed a pagarne le conseguenze saranno i poveri.
Ma, dimostrazione che il centralismo ha ormai fatto il suo tempo e che la democrazia cosiddetta rappresentativa è putrescente, a livello locale il lavoro per ottenere la gestione pubblica dell’acqua continua, spesso conseguendo ottimi risultati: Agrigento, Benevento, Brescia, Napoli.
Tra i significativi piccoli passi dal basso anche quelli, per noi particolarmente significativi, compiuti da una comunità montana inferiore ai mille abitanti, quella della Valle dei Ratti, 11 chilometri tra Valtellina e Valchiavenna ad un’altitudine media di 1.200 metri e priva di strade carrozzabili: senza clamore e senza scendere in piazza hanno semplicemente detto No al tentativo di appropriazione della loro acqua da parte di un gruppo finanziario attivo nel settore dell’energia.
La loro disobbedienza civile che, silenziosamente, ha paralizzato per un paio di mesi l’attività locale, è bastata per fare capire che non era aria. C’è da dire che queste persone sono state fortunate: in fondo il piatto non era, evidentemente, così appetibile, perché lupara bianca non è mai andata in pensione, non solo in America Latina o in Sicilia.

Alberto Cazzoli Steiner

NOTE
1 – Festival del Cinema Africano
Trattasi di un festival cinematografico internazionale dedicato al continente africano, promosso per la prima volta nel 1981 dalla rivista Nigrizia.
In questa edizione, tenutasi tra Verona e 25 località della provincia, è stata rappresentata la realtà di 15 paesi: Algeria, Burkina Faso, Ciad, Egitto, Kenya, Madagascar, Marocco, Mauritania, Nigeria, Rwanda, Senegal, Sudafrica, Sudan, Swaziland, Tunisia attraverso 145 proiezioni, 30 delle quali lungometraggi, ed il coinvolgimento di 7.500 studenti e studentesse e 600 docenti di scuole di ogni ordine e grado.
Lo sguardo sull’appena trascorsa edizione è stato focalizzato a partire dalla mostra allestita al Museo Africano di Verona, uno dei più importanti sul territorio nazionale ma ignorato dal circo della cultura ufficiale, compresa quella dell’inclusione, perché non nato da lombi né dei circoli Arci né delle sacrestie.
Come sempre, un invito a cambiare prospettiva osservando con altri occhi, per contribuire al cambiamento di visione, per andare al di là della percezione restrittiva, contaminata da pregiudizi e prese di posizione che hanno poco a che fare con l’orizzonte, anche culturale, ampio e variegato che caratterizza questo continente.
Anno dopo anno, il Festival è cresciuto. Non più solo cinema in sala, ma workshop con i nuovi cittadini di origine africana, con l’attrice Takoua Ben Mohamed e il musicista Tommy Kuti, aperitivi con i registi e le comunità africane presenti nel territorio, presentazioni di libri, spettacoli teatrali, laboratori per famiglie.
Cresciuto anche il numero delle giurie coinvolte, da quella internazionale a quella degli esperti, affiancate dagli studenti dell’Università di Verona e dai detenuti della Casa circondariale di Montorio.
2 – Nigrizia
Nigrizia è la rivista mensile dei missionari comboniani dedicata al continente africano: annovera tra i suoi più noti collaboratori Alex Zanotelli ed altri autorevoli giornalisti e scrittori, africani e non.
fondata nel gennaio 1883, sostituì gli Annali, bimestrale fondato nel 1872 dall’Associazione del Buon Pastore con lo scopo di diffondere i testi di Daniele Comboni, che fu il primo vescovo di Khartoum.
A partire dal 1965 la rivista pose sempre maggiore attenzione alle vicende politiche locali, fornendo un’ottima visione dell’Africa post-coloniale e dando spazio ad una profonda riflessione autocritica sul concetto di missione. In questo periodo iniziò la collaborazione con due settimanali africani, l’Afrique Nouvelle di Dakar e La Semaine africaine di Brazzaville.
L’attuale direttore è Efrem Tresoldi. Negli anni novanta del secolo scorso la rivista accentuò l’interesse per le problematiche economiche legate alla globalizzazione, ai flussi migratori verso l’Europa, offrendo un punto di vista molto attendibile dal Sud del mondo.
3 – Alex Zanotelli
Alessandro, Alex, Zanotelli, nato a Livo, in provincia di Trento, il 26 agosto 1938, appartiene alla comunità missionaria dei Comboniani.
Iispiratore e fondatore di diversi movimenti tendenti a creare condizioni di pace e giustizia solidale, entra giovanissimo in seminario e nel 1964 viene ordinato sacerdote nell’ordine dei Missionari Comboniani del Cuore di Gesù.
Dal 1965 al 1973 è missionario nel Sudan meridionale martoriato dalla guerra civile.
Nel 1978 assume la direzione di Nigrizia, edita dai Comboniani hanno presso la casa madre di Verona, contribuendo a trasformarlo da mensile di informazione religiosa ad organo di informazione sociale e politica sulla situazione africana.
Lascia la direzione nel 1987 ed oggi vive a Napoli.
Padre Alex Zanotelli ha sempre sostenuto che i riti della religione cattolica vanno adattati alla cultura africana in modo da essere rispettosi della sua identità.
4 – Legge Ronchi
Con tale denominazione si intende la conversione del Decreto Legge 135/2009 che conteneva “disposizioni per l’attuazione di obblighi comunitari e per l’esecuzione di sentenze della Corte di giustizia delle comunità europea” ponendo l’obbligo di privatizzare almeno il 40% delle partecipazioni delle municipalizzate.