Scuole di agricoltura sostenibile? Le aveva già inventate il Fascismo

O popolo bruto su, snuda il banano!
Non vedi che giunge l’amato sovrano?
Il sir di Corinto dal nobile augello,
Qual mai non fu visto più duro, più bello.  (Ifigonia in Culide, Atto I Scena I)
In questo momento storico fondamentale
dove?dove?dove?
per il Paese
quale?quale?quale?
a latere di una legge che pone l’ὀστρακισμός, l’ostrakismós
bono l’ostrakismós, con la polenta!
a tutto ciò che richiama il Fasismo, le spoglie del Re Soldato alias Sciaboletta, ovvero di colui che di tale regime permise l’insediamento intimorito dalla frase che l’imbonitore da fiera alias Crapùn pronunciò: “Farò di quest’aula sorda e grigia un bivacco di manipoli” e che in un paese ormai devastato dalla guerra
Ma è giusto che te la dia al primo appuntamento?  (da un gruppo Fb di incontri per cinquantenni)
se la squagliò peggio del Carlo Martello di De Andrè dando così la stura alla guerra civile, nel silenzio più totale stanno per calcare l’italico suolo, grazie ad una legge che lo ha consentito. È persino possibile che Sciaboletta venga inumato al Pantheon
In questa palude territoriale che taluni (taluni? non fare l’acculturato del cazzo! su, da bravo, scrivi: una sbaraccata sba-rac-ca-ta … ecco, così) si ostinano a definire paese abbiamo varcato da gran tempo il confine della dicotomia schizoide: i sinistri sono diventati peggio delle peggiori destre, in fusion con le medesime dopo che queste sono diventate una pallida caricatura di se stesse.

In un melange da vomito, anzi da trasüu de ciucch (perdonino le gentili lettrici) sono individuabili residui di salvataggi bancari con denaro pubblico, attentati alla riservatezza in favore di case farmaceutiche, fantasmi di presunte nipotine di satrapi nordafricani e rottami che – interdetti ai pubblici uffici per reati che in un paese mediamente normale sarebbero considerati infamanti – possiedono tuttora facoltà di parola e peso politico, gioppini che girano in treno, contestatissimi ma questo non lo si deve sapere, e via enumerando. Anzi, non enumerando: ci fermiamo qui perché non desideriamo che i nostri lettori – che in quanto nostri lettori appartengono alla quota del 10% non imbecille, imbelle, rassegnato, inconsapevole, lobotomizzato – respirino ulteriori olezzi di discarica.Cesec 2017.12.18 Scuola Agricoltura Sostenibile.jpgSullo sfondo di questo scenario a tinte livide ci è stato regalato il manifesto che riproduciamo, avente per oggetto il Concorso Nazionale per la Vittoria del Grano. Risale, come evidenziato nel tondo in alto a sinistra, all’Anno VI E.F., Era Fascista, il 1928, quasi un decennio prima delle “inique sanzioni” e della conseguente autarchia con annesse battaglie del grano.
Quello che ci colpisce è la scritta che campeggia in calce: rivolgersi alla cattedra ambulante di agricoltura, che ci rimanda inevitabilmente alle varie scuole ambulanti di agricoltura sostenibile, che affermano di richiamarsi ad un’economia di scambio, felicemente decrescente, improntata alla condivisione.
Cesec-CondiVivere-2014.12.05-Autarchia-Verde-006Il 5 dicembre 2014 pubblicammo sul vecchio blog l’articolo Green economy? L’ha inventata il Duce: si chiamava Autarchia che, in ragione dell’argomento spinoso, iniziava con queste parole: “Premessa: se ciò che sto per scrivere sarà causa di turbamenti per i figli dei figli dei fiori, vale la risposta che Jack Nicholson, nei panni del colonnello dei Marines Nathan R. Jessep, diede al suo vice, tenente colonnello Matthew Andrew Markinson, nel film Codice d’Onore.”Cesec-CondiVivere-2014.12.05-Autarchia-Verde-002-1024x414.jpgInvitiamo chi lo desidera a rileggerlo, perché gli spunti che offre sono quanto mai attuali. E ciò senza dimenticare l’articolo del 15 febbraio 2017: Wie braun sind die Grünen? titolo “la cui traduzione letterale è ‘Come (nel senso di quanto) sono marroni i Verdi?’ in riferimento al colore marrone delle Camicie Brune originariamente indossate dalle S.A. (Sturmabteilungen, reparti d’assalto) di Ernst Röhm, che in Germania identificano i nazisti esattamente come in Italia le camicie nere sono associate al fascismo”, e che concludevamo specificando come “certe tesi siano decisamente tirate per i capelli, altre siano palesemente strumentali, ma nel complesso trattasi di un indicatore di modelli di pensiero spesso diffusi anche da noi.”
Giorgio Nebbia, nella prefazione del libro citato nel primo dei due articoli indicati sopra, ricorda come un’autarchia vada oggi praticata perché abitiamo tutti in un’unica nazione, il Pianeta Terra, i cui confini sono chiusi: “Possiamo trarre quello che ci occorre soltanto dal suo interno e la nazione planetaria soffre degli stessi limiti che affliggevano i paesi in guerra nel XX Secolo. Contare sulle proprie forze, fare di più con meno non sono capricci, ma linee della politica economica da adottare nel XXI secolo.”
Pur comprendendo come l’autarchia sia stata oggetto di ostracismo a causa dei suoi eccessi e del suo orientamento alla preparazione della guerra, uno dei suoi meriti principali fu rammentarci che negli stessi anni le stesse politiche – come il New Deal di Roosevelt – ebbero invece l’obiettivo di salvare la pace, e persino Keynes, nell’opuscolo intitolato La fine del laissez-faire, scrisse chiaramente: “Inclino a credere che, quando il percorso di transizione si sarà compiuto, una certa misura di autarchia o di isolamento economico tra le nazioni, maggiore di quello che esisteva nel 1914 possa piuttosto servire che danneggiare la causa della pace”.
E gli attuali ecovillaggi non sono altro che l’emblema della ricerca di uno stile di vita rallentato all’insegna della decrescita a km zero: in altre parole comunità e autarchia.

Alberto C. Steiner

Fantascienza bancaria veneta, con monito finale

Correva l’anno 2013 quando suggerii ad un’amica trevigiana di smobilizzare gli investimenti e chiudere il conto presso una certa banca veneta: a lei diedero della matta, a me del catastrofista. Oggi quella banca non esiste praticamente più.CV 2017.03.27 Fantascienza bancaria 001Correva l’anno 2011 quando un banchiere della provincia veneta rilasciava al Sole 24 Ore un’intervista dal titolo “Popolare di Vicenza sarà polo nazionale” dichiarando, fra l’altro: «Il nostro slogan è ‘sicurezza nella continuità’. Non è marketing, è la sintesi di 30 anni di attività. Le cito un dato: chi ha investito nel 1980 in azioni PopVicenza in trent’anni ha ottenuto un rendimento medio annuo dell’8,7% tra rivalutazione del capitale e dividendi incassati.»
Sei anni dopo quella dichiarazione la banca ha registrato perdite di oltre 750 milioni nel 2014 e di un miliardo solo nei primi 6 mesi del 2015; ha dovuto svalutare montagne di prestiti ai clienti e di investimenti pagati troppo, varare di corsa un aumento di capitale seguito da un secondo per ricostituire i ratio minimi di capitale previsti dalla Vigilanza, il titolo il cui prezzo è stato fissato per anni a € 62,5 è stato svalutato una prima volta a € 48, ed una seconda svalutazione ne ha quasi azzerato il valore.
Dopo un’apparentemente inarrestabile espansione attraverso l’acquisizione di sportelli in Sicilia, Toscana ed altre zone d’Italia la marcia trionfale si è arrestata sulla Beresina di impieghi malsani che hanno portato pesanti minusvalenze, esplosione delle sofferenze, un contenzioso immobiliare spaventoso ed impossibile da riassorbire tramite le esecuzioni, risparmi andati in fumo.
Le cronache, anche giudiziarie, ci hanno reso noto come gli azionisti-clienti di quella banca non siano i soli ad aver vissuto un incubo nell’ultimo quadriennio. Un amaro risveglio per il Veneto che sognava, e un’amara lezione per chi sottoscrive azioni bancarie senza comprendere i rischi che corre rinunciando a farsi consigliare da chi non ha interesse né di parte né a fare vendite affrettate.
Ma anche un monito: forse il futuro non prevede più spazi per investimenti speculativi legati al PIL, alla produttività intensiva, alle scalate, ma solo per concetti finanziari etici e sostenibili, inclusivi di microcredito ed economia collaborativa.
Sul nostro sito-partner Consulenza Finanziaria l’articolo “Un po’ di fantascienza nella storia belle banche popolari venete” traccia l’inquietante storia delle vicende vicentine (questo il link).

Alberto C. Steiner