Parco della Lessinia: intollerabile per Legambiente, Italia Nostra e Lipu che qualcuno possa decidere in casa propria

CC 2018.07.14 Lessini 001“Grave voto della Giunta verso l’autogestione.” Per Italia Nostra, Legambiente Verona, Wwf veronese e Lipu è intollerabile che i proprietari dei terreni costituenti il parco della Lessinia, cioè i padroni di casa, entrino a far parte del comitato tecnico scientifico di gestione.
Per chiarire da subito come la pensiamo di loro e di quelli come loro: è da tempo immemore che esistono per barcamenarsi in chiacchiere, con qualche azione esclusivamente simbolica che al territorio ha procurato più danni che altro, e con l’esclusiva funzione reale di portare voti. È finita a Napoleone, si dice. Figuriamoci se prima o poi non sarebbe finita anche per loro.
Piccola premessa triste, prima di entrare in argomento: quando si trattò di devastare il territorio scaricando nei fiumi gli acidi delle concerie piuttosto che costruendo iinutili strade o realizzando improbabili poli artigianali oggi memento di uno squallido cimitero degli elefanti, per tacere di altre nefandezze, anche i Veneti elettori di Pio Mariano dei Miracoli non furono secondi a nessuno.
Stiamo parlando di quel Veneto, asservito per convenienza al governo di occupazione, dal quale si teneva ben saldo il timone dell’allora Ministero dell’Agricoltura che provvedeva ad elargire sul territorio gran copia di fondi e sovvenzioni, dove modesti artigiani diventavano miracolosamente imprenditori e successivamente industriali per poi delocalizzare dapprima nei paesi dell’Est europeo e successivamente ancora più lontano, in Asia e America Latina.
Intendiamoci: fatte le debite proporzioni nulla di nuovo sotto i cieli d’Italiland.
Ma le cose cambiano, le consapevolezze mutano, vi è maggiore attenzione alla tutela di un territorio sempre più percepito come Heimat, corroborata dala precisa volontà di essere attori del proprio cambiamento in una sorta di democrazia diretta e non rappresentativa.
In tutto questo, morta per consunzione la Balena Bianca, perite le altre sigle sue nemiche o alleate a seconda del canovaccio teatrale da mettere in scena, le forze d’occupazione con i loro scherani e i loro Ascari si sono ricompattate sotto sigle diverse e colori vuoi annacquati vuoi accentuati, imbrogli e tentativi di depistaggio, presto scoperti, di chi cavalcava in modo truffaldino il nascente desiderio di autonomia. Il resto non è più storia bensì cronaca.
Ma esiste ancora chi, in nome di uno statalismo comatoso, di un dirigismo da sacrestia e da segreteria pretende di comandare in casa d’altri indirizzando scelte e fondi, spiegando “al colto e all’inclita” come dovrebbero, anzi devono, pensare ed agire, e soprattutto davanti a chi dovrebbero, anzi devono, scappellarsi.
Il fenomeno è particolarmente riscontrabile nell’ambito della tutela ambientale del quale, sotto un manto di purezza virginale dagli irresistibilmente comici risvolti newage e disneiani, si sono nel silenzio di istituzioni e cittadini appropriate segreterie annacquate e sacrestie arrossate in allegra commistione, formando dei Komintern che ancora oggi pretendono di arrogarsi la facoltà di decidere chi, cosa, come, dove, quando sulla pelle degli altri e nei quali ingegneri, arhitetti del verde, agronomi, biotecnologi, biologi, veterinari, pastori e allevatori sono merce rara, contrapposta alla marea dei laureati (quando lo sono) in filosofia e scienze politiche o lettere antiche.
In questo scenario non stupisce il comunicato stampa unificato di Italia Nostra, Legambiente Verona, LIPU e WWF Veronese dedicato al Parco della Lessinia.
Che, nel Veneto, numerose aree verdi e protette siano state commissariate è storia. C’è da chiedersi dove fossero questi soloni verdi, queste cariatidi del pino mugo, questi opportunisti del cocal quando si trattò di commettere gli abusi e gli illeciti che portarono al commissariamento. Non sappiamo. Sappiamo però che furono fra i membri dei comitati di gestione, fra i probiviri, fra il questo e il quello degli organi di commissariamento, fra i disturbatori delle assemblee cittadine.
Vogliamo proprio essere pignoli ed osservare con la lente che cosa abbiano portato i commissariamenti, soprattutto in riferimento a certe realtà locali particolarmente delicate, in termini di benefici ambientali, ripopolamento, tutela delle specie e del territorio?
La risposta può validamente fornirla la nota e salvifica espressione di Cetto Laqualunque.
Ciò premesso gli organismi sopra menzionati hanno emesso un comunicato, che riportiamo nei suoi elementi essenziali:
“La Giunta Veneta, conscia della maggioranza in Consiglio, non ha faticato ad ottenere quello che da oltre un anno stava perseguendo. L’obiettivo dichiarato è sempre stato quello di svilire e ridurre le aree protette a favore di spazi per le attività economiche.” vale a dire esattamente quello che hanno fatto loro in questi anni non facendo nulla. Ma proseguiamo:
“… riuscita nell’intento con l’approvazione di questa legge, che accentra poteri straordinari su di sé in merito a nomine e controllo per la gestione di tutti i parchi del Veneto, ora potrà dedicarsi alle modifiche sostanziali della Legge Regionale 40 del 1984, riducendo le superfici dei parchi così come già più volte ribadito da alcuni consiglieri di maggioranza che non tollerano la presenza di tutele, vincoli e limiti alla libertà d’impresa.
Eppure non più tardi di due anni fa in fase di redazione della proposta di legge per modificare quella in vigore per l’istituzione dei parchi e delle riserve naturali regionali, si recitava che … Le aree naturali protette e più in generale la rete ecologica regionale … rappresentano un importante laboratorio per la conservazione e l’implementazione della biodiversità e dei servizi ecosistemici attraverso lo sviluppo di attività sostenibili dal punto di vista ambientale, economico e sociale …
Una premessa sacrosanta di cui oggi non c’è traccia nella norma appena approvata. Al suo posto, quali finalità e obiettivi da garantire, si dichiara che … le nuove disposizioni per la gestione e il funzionamento dei parchi perseguono l’obiettivo della semplificazione, del miglioramento e dell’efficienza delle procedure programmatorie e gestionali …”
Ed ora arrivano i toni lirici: “Addio conservazione, addio biodiversità!” Si, addio monti sorgenti dall’acque, addio gettoni di presenza, addio commissione di perizie, progetti, studi programmatici destinati ai blabla dei convegni. Andiamo avanti:
“Per uscire dal regime di commissariamento in cui tutti i parchi del Veneto erano miseramente finiti” E come mai c’erano finiti? Voi, nel frangente dove eravate? “il disegno di accentramento nelle mani della Giunta Regionale lo si legge in tutto l’articolato: ‘La Giunta regionale definisce … coordina … fornisce supporto …”
E qui troviamo la frase che ha fatto scendere gli ambientaioli dalle scale come la ragazzina de L’esorcista, sputazzando vomito e bile: “Il consiglio direttivo è nominato dal Presidente della Giunta regionale … il presidente del parco è nominato dal Presidente della Giunta regionale…”
E adesso viene l’intollerabile, per comunistoidi sacrestariani: “In questo quadro destra (Testuale nel comunicato, destra in luogo di desta. Ah, i lapis! ops, i lapsus… se non esistessero bisognerebbe inventarli) molta perplessità l’inserimento nel Consiglio Direttivo dei proprietari terrieri, rappresentanti almeno il 60% dei terreni silvo-pastorali, appartenenti cioè al Parco della Lessinia, con conseguenti possibili divergenze tra le istanze private e quello della protezione e conservazione del patrimonio naturale che sono la ragione per la quale ogni parco è Istituito, secondo quanto previsto dalla L. 394/1991.
Gravissimo, infine, il passaggio delle competenze in merito alle autorizzazioni paesaggistiche dalle mani dell’Ente Parco ai Comuni, spesso inadeguati per competenze tecnico-scientifiche, per mancanza di risorse umane e strumentali e per assenza di visione d’insieme.”
Insomma, nihil sub sole novi: gli altri, di chiunque si tratti, non sono sufficientemente acculturati, preparati, competenti per decidere in casa propria. Hanno bisogno il tutore.
Peccato che il tutore assomigli sempre al commissario politico. E questo è quanto.

Alberto C. Steiner

Alpinum: un forum. Nell’acqua.

“Dove e sei sta-a-to mio be-e-ll’alpi-i-num, che ti g’ha cambià el colo-o-re …”
Sono anni che ci battiamo, stiliamo progetti, individuiamo sorgenti non sfruttate lungo l’arco alpino, tentiamo di risvegliare coscienze istituzionali e popolari. Risultato: zero.
Il tema è sempre quello: l’acqua pubblica e sana ma, di fronte all’insensibilità di chi è preposto alla cosa pubblica e all’indifferenza dei cittadini-elettori-consumatori (tanto l’acqua c’è, la paghiamo comunque, perché complicarci la vita con azionariato popolare, consorzi e menate varie?) il nostro slogan “Compriamo l’acqua per salvare l’acqua” lo abbiamo smontato, ripulito, ingrassato, rimontato, avvolto in un panno morbido, infilato in un sacchetto, sigillato e riposto in soffitta. Dove forse, un giorno, lo ritroveranno i nostri bis-bis-bis-bis nipoti che esterneranno il loro ammirato stupore, come accadde a noi di fronte alla sciabola o al fucile Carcano ’91 del nonno che prese parte alla Grande Guerra (in questa ideale simbologia il mio, di nonno, avrebbe avuto un Mannlicher M1890 perché, come ebbi più volte occasione di scrivere, affermò sempre di aver fatto la guerra, ma fieramente dalla parte sbagliata).CC 20189.01.28 Alpinum 2018 003Esaurita la premessa veniamo all’Alpinum del titolo: si tratta di un forum. Un forum nell’acqua, naturalmente. Sotto il roboante titolo Forum Alpinum 2018: Acqua alpina – bene comune o fonte di conflitti? lo organizzano dal 4 al 6 giugno prossimi, ISCAR, International Scientific Committee of the Alpine Conference (definito da http://www.unimontagna.it/enti/iscar/: “an official observer of the Alpine Convention”, come dire un guardone delle alte cime) e il premiato convegnificio Unimont, l’Università della Montagna di Edolo, realtà che stimavamo e con la quale ai primordi addirittura collaborammo, prima che si trasformasse in un’ectoplasmatica entità convegnificatrice.
Tema del simposio sarà il cambiamento ambientale e delle condizioni climatiche, legato agli elementi che portano a conflitti sull’uso dell’acqua ed la sua gestione nel territorio Alpino. Verranno individuati gli elementi chiave per l’uso e la gestione delle risorse idriche, analizzando gli eventuali conflitti e valutando le possibili soluzioni, nell’intento di fornire una piattaforma che faciliti il dialogo tra scienziati, professionisti e responsabili delle politiche al fine di creare suggerimenti e raccomandazioni politiche su argomenti prioritari.
E, a cotanto convegno, sappiamo già cosa seguirà, per dirla con Cetto Laqualunque, l’unico pseudodeputato che stimiamo: una beata minchia.CC 20189.01.28 Alpinum 2018 002“Toglieranno l’acqua da sotto la pancia delle anatre? Metteranno il cartellino con il prezzo a ogni goccia di pioggia? E quanto costerà la rugiada?” Queste, ed altre, erano le domande che si poneva Marta, la bimba che fu nostra mascotte, protagonista di Marta e l’acqua scomparsa, la favola bella, intelligente ed ecologica scritta da Emanuela Bussolati, della quale scrivemmo in uno degli articoli che consideriamo più belli e toccanti: Quanto costerà guardare l’arcobaleno? pubblicato nel giugno 2013 su Kryptos Life&Water, e richiamato in Acqua pubblica: alla piccola Marta hanno tolto il diritto di sognare, pubblicato il 23 dicembre 2015 sul vecchio blog Cesec-Condividere e leggibile qui. CC 20189.01.28 Alpinum 2018 001Non siamo nell’area subsahariana, pertanto da noi i conflitti per l’acqua non si combattono (ancora) a colpi di Kalashnikov, bensì di carta bollata. Lo dichiarammo a Verona, quando la città, dal 23 al 27 giugno 2014, divenne la capitale mondiale dell’acqua con tutta una serie di iniziative, progetti, incontri, ricerche e workshop a tema con 250 contributi provenienti da 41 paesi.
Le nostre proposte furono due: una, studiata con l’aiuto dell’Università scaligera e del Politecnico di Milano, riguardava gli scarichi domestici che potrebbero trasformarsi in una grande risorsa da cui recuperare energia rinnovabile, fertilizzanti, biopolimeri e plastiche biodegradabili, e più in generale soluzioni per il trattamento delle acque reflue, in abbinamento a quello dei rifiuti per l’ottenimento di biogas come quello che metteremo in pratica nel recupero di un’azienda agricola orvietana. Detto in soldoni, si tratterebbe di buttare nel lavandino tutta una serie di rifiuti domestici che, confluiti in appositi luoghi di raccolta, verrebbero opportunamente trattati.
La seconda proposta (sviluppabile qualora dovessimo trovare uno sponsor per lo sviluppo del prototipo, ma pare che camminiamo lungo sentieri percorsi solo da ciechi e sordi) riguardava un sensore captatore, una specie di cucchiaino in forma di chiavetta USB da connettere a pc, tablet, telefoni ed eventualmente collegato ad un braccialetto, per il monitoraggio delle acque in modo capillare sul territorio, creando una banca dati e individuando i punti di criticità affinché possano essere opportunamente bonificati. Il braccialetto consentirebbe inoltre di stabilire la tossicità in funzione di eventuali patologie una volta caricato lo screen anamnestico.
Pur senza fanatismi, abbiamo sempre posto costante attenzione alla sostenibilità ambientale ed economica, ad un rinnovato concetto di impianto di depurazione per la migliore qualità dell’effluente restituito all’ambiente, al recupero di risorse rinnovabili (biogas e bioidrogeno), al contenimento dei costi e dei consumi energetici ed all’efficienza gestionale.
Crediamo nell’interazione fra scienza, tecnica e ricerca applicata di carattere spiccatamente ingegneristico. Agli imbonimenti della filosofia e della politica no, a quelli non crediamo.

Alberto C. Steiner