Emilia-Romagna: fino all’80% a fondo perduto al terzo settore, mentre chi produce muore

L’ennesimo bando della Regione Emilia-Romagna, uscito in questi giorni, si pone in complementarietà con i precedenti già approvati e finalizzati all’erogazione di contributi a rimborso delle spese sostenute durante il Covid, segnatamente durante i lockdown 1 e 2, da associazioni di promozione sociale, organizzazioni di volontariato, consorzi e fondazioni onlus, oltre che per la realizzazione di “progetti a rilevanza locale”, locuzione intesa a significare tutto e nulla: il nuovo forno di verniciatura di mio zio, se affidato a quattro migranti inquadrati in una onlus è un progetto di rilevanza locale. E se costoro non sanno fare nulla ecco pronta una sovvenzione per la formazione.

I destinatari degli interventi sono le associazioni di promozione sociale a rilevanza regionale “che presentino articolazioni in più territori provinciali” e che “risultino iscritte da almeno un anno nell’ apposita sezione del registro regionale”: come vedete il cerchio si stringe e chissà, forse arriveremo a definire quelle che avranno le pareti della sede azzurre ed esposte a Sud-Ovest.
Mentre le imprese private annaspano tra fatturati azzerati, fidi revocati, sofferenze sui crediti, suicidi di imprenditori le risorse per i fancazzisti sociali non mancano.
Ed ecco la clamorosa incongruenza: il provvedimento, che inizialmente parla di rimborso spese sostenute durante i lockdown, muta improvvisamente registro dichiarando testualmente che i fondi “sosterranno progetti” volti a realizzare:
a) Interventi di sostegno alla socialità che tengano conto delle misure di sicurezza comunque necessarie a causa della pandemia, ma che sappiano riattivare i legami di comunità, con una particolare attenzione alle persone vulnerabili e a rischio di isolamento sociale quali anziani e disabili;
b) partecipazione, in forma gratuita, alle attività (sociali, sportive, culturali, ecc..) organizzate e promosse dalle associazioni, da parte di persone, in particolare minori, in condizioni di difficoltà socio-economica, individuate in accordo con gli enti locali, al fine di contrastare fenomeni di svantaggio ed esclusione sociale;
c) Azioni di animazione della comunità che in particolare sappiano promuovere e valorizzare le relazioni fra generazioni e il dialogo interculturale quali fattori di resilienza, di coesione e inclusione sociale
d) Sviluppo e rafforzamento del volontariato, della cittadinanza attiva, della legalità e della corresponsabilità, in particolare attraverso il coinvolgimento delle giovani generazioni;
e) Sviluppo delle risorse umane e qualificazione delle competenze delle associazioni, attività di informazione, aggiornamento, analisi e diffusione sui temi del Terzo settore, con particolare riferimento all’attuazione della riforma;
f) Sensibilizzazione ai temi della sostenibilità ambientale e azioni volte alla tutela dell’ambiente e al benessere degli animali;
g) sostegno al riavvio e mantenimento sul territorio delle attività associative e loro adeguamento alle condizioni imposte dalle misure di prevenzione, in un’ottica di rilancio e rafforzamento dopo la fase di grave difficoltà legata alla sospensione delle attività di natura aggregativa.
Quindi non spese già sostenute bensì da sostenere in forza di progetti che il decreto impone espressamente di presentare.
Tra le spese ammissibili:
costo del progetto
personale
acquisto di attrezzature, materiali di consumo, beni strumentali, piccoli arredi e servizi
attività di formazione, promozionali e divulgative (per esempio ignobili vaccate in forma di volantini mal fatti e peggio tradotti)
rimborsi spese ai volontari
premi assicurativi
gestione immobili in forma di utenze ed affitti
manutenzione ordinaria strettamente necessarie allo svolgimento dell’attività.
Le risorse finanziarie necessarie all’intervento non considereranno come ammissibili progetti che presentino un costo totale inferiore a 20mila euro, mentre quelli dichiarati ammissibili potranno essere finanziati con una quota parte regionale non superiore al 80% delle spese fino ad un importo massimo di 50mila euro.
Il bando è, ovviamente, in corso in questo caldo agostano mentre tutti pensano a vacanze, grinpiss e vaccini a bambini e scadrà alle ore 13:00 del prossimo 15 settembre.

Alberto Cazzoli Steiner

Viaggio tra veleni e cibo spazzatura

L’altro giorno ero in métro, e alla foto d’epoca improvvisamente palesatasi mancava l’Alfasud color liquirizia.
Soggetto: un’anziana che mezzo secolo fa si sarebbe potuta definire contadina inurbata, di tradizione cara agli allora gauchistes scesi dagli attici alla spasmodica ricerca di matrici popolari, salvo schifare la contadina in questione qualore fosse stata la nonna di qualcuno dei ricercatori, non tanto perché troppo cafona e ignorante per rappresentare Strunz und Drang o filande alla Milva ed altre amenità, ma in quanto in grado, con un semplice sguardo, di riportare quei fighetti arroganti alla loro reale consistenza.
L’anziana in questione, al telefono, discettava con una stupenda cadenza barese di vaccini elencandone proprietà e controindicazioni, quanto deve pippiare lo strazenecchia e se mettere la salsiccia con il finocchietto prima o dopo il moderna e … “Naaa, lu pifizzer non è cosa, è nu tremone!”
E veniamo al tema di queste riflessioni: senza nulla togliere alla pericolosità dei vaccini, sempre più conclamata ed ignorata solo da chi non vuol vedere, è almeno mezzo secolo che l’umanità ingurgita ogni sorta di veleni, e nonostante una presunta maturata consapevolezza il cibo spazzatura è tra i più consumati al mondo, non necessariamente dalle sole fasce povere e non scolarizzate della popolazione.
Secondo uno studio dell’Università di Sydney pubblicato sul mensile Nature Geoscience, Il 64% delle terre agricole mondiali è contaminato da pesticidi. Il riferimento è alla SAU, Superficie Agricola Utilizzata, corrispondente ad un terzo delle terre emerse, vale a dire 5 miliardi di ettari su 15, 3,4 dei quali utilizzati a pascolo, compresi gli alpeggi, 1,4 arabili e 140 milioni occupati da colture permanenti: frutteti, palmizi, vigneti, castagneti. Il computo esclude le superfici sotterranne adibite alla fungicoltura.
Il restante 36 per cento dei terreni agricoli mondiali è esposto ad un elevato, permanente ed irreversibile rischio di inquinamento da pesticidi, che si somma a quello delle scorie industriali.
Restando nell’ambito agricolo, i ricercatori australiani hanno censito 92 erbicidi, fungicidi e insetticidi utilizzati in 168 paesi, per determinare quali sostanze superano i livelli raccomandati, basandosi sui parametri della FAO, l’Organizzazione delle nazioni unite per l’alimentazione e l’agricoltura, e dell’Istituto americano di geofisica.
Sottolineando il rischio di inquinamento da pesticidi su scala mondiale, i ricercatori hanno constatato che i terreni contaminati presentano livelli di pesticidi superiori a quelli che le norme industriali considerano come concentrazioni senza effetto, e che quasi il 60% dei terreni agricoli in Europa, è classato a rischio elevato per le sostanze che possono infiltrarsi nelle riserve d’acqua e avere un impatto sulla salute umana. In posizione di assoluto rilievo il distretto del Prosecco, considerato una delle aree più inquinate del pianeta, a livelli asiatici: lo dimostra, negli ultimi anni, l’elevatissima incidenza di tumori e leucemie, anche infantili.
Lo studio classifica una zona ad alto rischio quando i livelli di concentrazione sono valutati ad almeno mille volte il livello in cui queste concentrazioni non hanno un effetto nefasto. I terreni maggiormente a rischio sono, quanto a 4,9 milioni di km2, in Asia e di questi 2,9 milioni in Cina. L’Africa, ormai preda di Cindia grazie a governi sempre più corrotti retti da satrapi sempre più avidi, si sta allineando a Russia, Ucraina e Spagna, che in Europa compendiano il 62% delle zone a rischio.
Dovremmo chiederci che mondo sarebbe, senza pesticidi e, per rispondere alla domanda, chiariamo, anche se a volo d’uccello, cosa siano i pesticidi, ripartiti in due distinte categorie di prodotti utilizzati nel comparto agricolo, forestale e degli allevamenti.

Dal punto di vista della regolamentazione comunitaria le due cstegorie si distinguono in prodotti fitosanitari (Reg. CE 1107/2009) e prodotti biocidi (Reg. UE 528/2012).
I biocidi comprendono una vasta quantità di sostanze utilizzate in vari settori (medico-chirurgico, industriale, alimentare, allevamento) con lo scopo di distruggere, impedire l’azione e rendere innocui gli organismo nocivi.
I PF, Prodotti Fitosanitari, definiti anche con macabra ironia fitofarmaci, sono sostanze chimiche o prodotti a base di micro-organismi impiegati in agricoltura per la lotta agli organismi parassiti (animali e vegetali) che danneggiano le piante coltivate compromettendo la produttività del terreno e la qualità del raccolto. Vengono anche impiegati sulle piante per regolarne la crescita, diradare i frutti o impedirne la caduta precoce.
I PF in commercio sono formulazioni che contengono almeno una sostanza attiva, definita anche con il termine di PA, Principio Attivo. Ad essa sono generalmente aggiunte altre sostanze, chiamate co-formulanti o coadiuvanti, utili per conservarne la stabilità ed efficacia o per migliorarne la penetrazione nell’organismo bersaglio. Il PA è la parte che agisce contro il parassita che si vuole controllare: è la sostanza tossica che, in base alla sua pericolosità e alla sua concentrazione nel preparato concorre a determinare la classe di tossicità e, quindi, di pericolosità.
Nella Penisola si utilizzano circa 130.000 tonnellate all’anno di PF che contengono circa 400 sostanze diverse e, quando le sostanze chimiche si mescolano, mutano i loro effetti: lo sanno bene i preparatori dei vaccini, ed anche politici ed esponenti dei comitati tecnico-scientifici, ma a loro non importa un accidente: lo scopo è rendere invalide ed accoppare più persone possibili.
La tossicità delle sostanze ha effetti diversi da persona a persona e persino tra specie diverse di animali. Inoltre, la biologia umana e animale influenza il modo in cui le sostanze chimiche si comportano quando sono all’interno di un organismo.
Quando le sostanze chimiche si mescolano, la combinazione che ne risulta può far aumentare o diminuire l’effetto complessivo, o persino produrre altri effetti.
Le sostanze chimiche con comportamento simile possono produrre effetti più importanti se sommate fra loro rispetto a quando agiscono singolarmente.
Il termine pesticida nelle le sue diverse specializzazioni: insetticida, acaricida, fungicida, è caratterizzato dal suffisso cida che significa “capace di uccidere” gli organismi che costituiscono il suo bersaglio: insetti, acari, funghi e, come la Storia ci ricorda, le vittime dei campi di sterminio nazisti.
Al composto granulare detto Zyklon B (ma esistevano anche A, C, D, E, F, a seconda del grado decrescente di tossicità) era aggiunto un agente lacrimogeno, inteso a segnalare la persistenza del gas, un po’ come i composti aromatici del metano, di per sé inodore, che servono a segnaalre la presenza del gas incombusto.
Per essere cida, l’agente deve essere in grado di interferire con strutture o funzioni degli organismi ritenuti nocivi, non infrequentemente presenti anche in altre specie inclusa quella umana. Ciò comporta che la maggior parte delle sostanze utilizzate come pesticidi possa avere effetti tossici anche su organismi che non sono il loro diretto bersaglio.
Le molecole dei pesticidi, estremamente nocive non solo per la salute umana ma anche per i tanti organismi viventi a causa delle loro particolari caratteristiche biochimiche, persistono nel suolo e nelle acque con danni diretti e permanenti agli ecosistemi acquatici, rappresentando un fattore di bioaccumulo in tessuti animali e favorendo l’insorgenza di resistenze con la conseguente necessità di sviluppare prodotti sempre più potenti.
Poiché presentano una tossicità a largo spettro, sono in grado di distruggere indistintamente molte specie di insetti anche utili, a partire dalle api.
Nei pesticidi sono contenute alcune sostanze chiamate interferenti endocrini. Esempi di queste sostanze sono gli ftalati e il bisfenolo A (BPA) ed i loro effetti sulla salute sono letali.
Il sistema endocrino è una rete complessa di comunicazioni tra il sistema nervoso e funzioni corporee fondamentali come la riproduzione, l’immunità, il metabolismo e il comportamento e, tra gli effetti negativi sulla salute che possono essere causati dagli interferenti endocrini, si annoverano la diminuzione della conta spermatica e il cancro testicolare negli uomini, effetti sul sistema neurologico e immunitario e un aumento di casi di malformazioni genitali maschili.
È cronaca di questi giorni il caso di un bambino veneto di cinque anni che da oltre due lotta contro la leucemia ed ha sviluppato un cancro ai testicoli per il quale si è reso necessario un pesante intervento chirurgico demolitorio.
L’aumento del tasso di disturbi neuro-comportamentali quali dislessia, ritardi mentali, autismo e deficit di attenzione e iperattività (AHDH) è stato associato all’esposizione agli interferenti endocrini, vere e proprie bombe a tempo poiché talvolta i loro effetti sono visibili solo molto tempo dopo l’esposizione: nel caso di un feto esposto a una sostanza di questo tipo, per esempio, possono prodursi effetti negativi sulla salute al raggiungimento dell’età adulta, con il rischio che tali effetti vengano ereditati dalle generazioni future. Esattamente come accade ai figli di madri esposte a radioattività.
L’EFSA, European Food and Safety Authority, Autorità europea per la sicurezza alimentare, quella che ogni tanto eleva i limiti di soglia, ha pubblicato le nuove linee guida per la valutazione del rischio all’esposizione dei PF in agricoltura.
Nel documento si fa riferimento a quattro categorie a rischio:
Operatori, agricoltori professionisti e amatoriali che svolgono attività legate all’applicazione di pesticidi, incluse miscelazione e caricamento delle sostanze nei macchinari, azionamento, pulizia, svuotamento e riparazione di apparecchiature.
Lavoratori che, nell’ambito della propria attività lavorativa agricola, operano in aree in cui si utilizzano pesticidi o che maneggiano colture trattate con essi.
Astanti ovvero coloro che, per motivi non immediatamente riconducibili al lavoro in agricoltura, si trovano in prossimità di un’area nella quale vengano utilizzati pesticidi.
Residenti, cioè coloro che abitualmente vivono, lavorano, vanno a scuola o frequentano qualunque altro luogo di ritrovo in prossimità di un’area in cui si utilizzano pesticidi.
Operatori, lavoratori, astanti e residenti possono essere esposti ai rischi dell’uso dei pesticidi sia per inalazione sia per assorbimento cutaneo, in base alla durata e alle modalità dell’esposizione.
Vi è chi crede, ed io sono tra questi, che possa esistere un modo diverso di fare agricoltura: rispettoso della salute, degli ecosistemi e di tutti gli organismi che li compongono, e persino del profitto.
Io ed altri sognatori non ci riconosciamo in un modello agro-alimentare basato sull’inquinamento, sull’impoverimento del suolo e delle acque, sul sovrasfruttamento delle risorse, ed in proposito ho scritto da tempo.
Qui una bibliografia essenziale:

28 maggio 2016 – I numeri dell’agricoltura lombarda
21 ottobre 2013 – Non siamo Cassandre, siamo per la Finanza CreAttiva
29 novembre 2013 – Land Grabbing e vergini dai candidi manti
14 marzo 2014 – Africa: quando i regali sono inutili
29 settembre 2016 – Riflessioni sul consumo del suolo

Alberto Cazzoli Steiner