Pole position per Monza e brianza: nel consumo del suolo

Oltre 5 milioni di Euro: ecco quanto è costato il consumo di suolo a Monza e Brianza, secondo il Rapporto 2016 (leggibile e scaricabile qui in formato pdf) appena diffuso da ISPRA, Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale, ancora una volta la provincia più consumata d’Italia con il 40,7% della superficie totale.CV 2016.09.02 Consumo suolo 001Le nuove urbanizzazioni previste nei vari Piani di Governo del Territorio interessano 2.322 ettari totali di cui 1.058 su aree libere e naturali, e sono andati perduti 790mila Euro per quanto riguarda la capacità di stoccaggio del carbonio tra il 2012 al 2015. Sono finiti in fumo ben 4 milioni di produzione agricola, 252mila di produzione legnosa. A queste cifre vanno aggiunti 126mila euro per costi a causa del suolo eroso, ai quali si aggiungono gli oltre 500mila dissipati a causa della riduzione della permeabilità dei suoli.
Consumo e conseguente impermeabilizzazione dei suoli naturali generano costi per la collettività: sottostimati e trascurati, ribaltano la convenienza di scelte urbanistiche dal ritorno economico limitato al breve termine. Fermare il consumo di suolo non è quindi una battaglia ideologica.
Gli oneri derivano dalle perdite irreversibili in termini di capitale naturale, vale a dire di ecosistema: si perde in produzione agricola e di materiali (ad esempio il legno), si spende per inquinamento ed erosione del suolo, si consuma più energia a causa della minore capacità di sequestro del carbonio nel suolo e nella vegetazione, aumentano i costi sanitari a causa della diminuzione della capacità di rimozione del particolato e di assorbimento dell’ozono.
Nell’operosa Brianza, colpita come altre da eventi meteorici estremi sempre più frequenti e dannosi, si annoverano anche le perdite in termini naturali di qualità degli habitat, con conseguenze gravi per esempio sulla capacità di impollinazione, nonché quelle in ambito culturale e ricreativo.
Mal comune mezzo gaudio, si dice: il resto del Paese non se la passa meglio, ma non è per niente una consolazione.CV 2016.09.02 Consumo suolo 002Il faro illuminante della Brianza che lavora, l’operosissima Lissone, perso da tempo lo scettro di comune con il maggiore consumo di cocaina mantiene saldamente quello della più elevata percentuale di suolo consumato (71,3%), ed è primo anche in Lombardia nonché sesto a livello nazionale fra i comuni dell’hinterland napoletano.
Superano il 50 per cento di suolo consumato Brugherio, Cesano Maderno, Meda, Muggiò, Nova Milanese, Seregno e Villasanta. Di poco sotto il 50 per cento Desio e Monza.
Situazione critica a Agrate Brianza, Caponago, Lazzate e Lentate sul Seveso a causa delle nuove infrastrutture viabilistiche: TEEM e Pedemontana.
In condizioni migliori le località del Vimercatese: Aicurzio, Cornate d’Adda, Mezzago, Ornago e Sulbiate.
Le località per così dire virtuose sono Camparada e Ronco Briantino, che hanno perso solo 20 euro perché da tempo hanno posto particolare attenzione alla questione.
Zero adesioni, infine, al progetto SUOLI, Superfici Urbanizzate: Opportunità di Lavoro per le Imprese, sviluppato da Arpa Lombardia che aveva indicato la strada giusta: l’incontro tra aziende e comuni per sviluppare nuove opportunità di lavoro attraverso il recupero delle aree dismesse e sottoutilizzate già urbanizzate.
Vabbè dai… abbiamo la corona ferrea, l’autodromo, il parco cintato più esteso d’Europa, la maggiore incidenza nell’acquisto di perizomi Svarowski e forse anche Miss Italia. Bisògna cuntentàss, non è che si può avere tutto dalla vita: l’importante è fatturare.

Alberto C. Steiner

Le favole della buona notte: ecosostenibilità di un autodromo

Girava per casa una preziosa edizione ottocentesca della Divina Commedia illustrata dal Dorè ed io bambino, ammirando la venustà di Cleopatra, credetti che la frase “Dio me l’ha data, guai a chi me la tocca” l’avesse pronunciata lei.
Solo anni più tardi scoprii come fosse attribuiita a Napoleone per la nota vicenda dell’autoincoronazione avvenuta il 26 maggio 1805 nel Duomo di Milano, e riguardasse la corona ferrea della monzese Teodolinda.
E nell’autunno del 2000, quando divenni cittadino monzese, compresi come il generale corso avesse azzeccato in pieno un certo spirito dell’antica Modœtia: ciò che abbiamo è nostro per diritto divino, e guai a chi vuole portarcelo via. Costi quello che costi, meglio se con i soldi degli altri.
E dopo cotanta premessa vengo al dunque: come ogni anno si sprecano polpettoni, ritorsioni, discussioni, diatribe, interrogazioni parlamentari sul futuro della Formula Uno. Monza, no Imola. No, Ecclestone non la vuole più in Italia. Allora bisogna pagare, ma deve farlo lo Stato poiché la F1 rappresenta un interesse nazionale (se questa vi sembra degna dello Zelig proseguite nella lettura: scoprirete che non è così).
Ed ecco che, contestualmente al bailamme di qualche notte di mezza estate, viene spolverata dai media locali l’analisi strategica intitolata Programma di adeguamento e riqualificazione dell’Autodromo di Monza pubblicata da Sias, gestore dell’Autodromo, e Automobile Club Milano nell’aprile scorso.CC 2016.07.17 Autodromo Monza 001Chi si aspettasse il solito peana all’importanza della Villa e del Parco come un più grande polmone verde cintato d’Europa e blablabla, seguito da proposte esclusivamente incentrate sulle esigenze dell’autodromo è in errore: la relazione, affidata ad esperti forestali, ambientali e paesaggisti, tiene nella giusta considerazione il valore del Parco nei suoi aspetti naturalistici, storici e scenografici.
Tentando di portare subito dopo acqua al mulino dell’autodromo, è ovvio. Per esempio come si legge in questo passaggio a pagina 8: “Il programma è basato su un’azione integrata di riqualificazione della pista e del sistema paesaggistico ambientale circostante. L’obiettivo è innalzare il valore complessivo del Parco di Monza quale patrimonio di un’ampia collettività e di assoluto interesse nazionale.”
E, come scrivono sulla confezione di certi prodotti alimentari “del contadino” piuttosto che “di nonna Pina” ecco l’equivalente del “come una volta”, a pagina 22: “Nella cartografia storica del Brenna del 1845 è importante notare alcune delle architetture vegetali che hanno fatto la storia del Parco: l’asse del Mirabello nella sua sezione centrale e nord, il Rondò della Stella con i suoi dieci raggi, il Serraglio dei Cervi.”
Però, visto che ormai il danno è fatto, andiamo a pagina 77: “Il Viale Mirabello con i suoi filari di querce, in alcuni casi ultracentenarie, e per la sua lunghezza e linearità rappresenta uno dei grandi elementi qualificanti del disegno del Parco di Monza; purtroppo il viale risulta ad oggi gravemente menomato nella sua estensione a nord dove è stato interrotto diverse volte dalle curve sopraelevate e dalla Variante Ascari. Nella parte nord, in corrispondenza del Rondò della Stella, il Viale Mirabello si infrange inesorabilmente sulla pista (la sopraelevata nord) dopo pochi metri, togliendo la connessione fisica e visiva dell’asse prospettico. Al di là della sopraelevata, nella sua estensione nord, il viale perde la sua grandezza.”
Seguono a questo punto proposte tecniche e scenografiche che porterebbero la pista ad essere “ancora più integrata nel Parco come elemento naturale, in un continuum ecologico con l’ecosostenibilità del luogo.” Come no.CC 2016.07.17 Autodromo Monza 002Tralascio modifiche al tracciato e interventi di compensazione e mitigazione proposti, e vado subito al dunque: “Si propongono interventi come il ridisegno di assi prospettici storici, nel caso in cui vi siano tracce di questi. Inoltre, si considera fondamentale tenere conto dello stato attuale della struttura del Parco includendo il tracciato per l’alta velocità sopraelevato, in modo da proporre interventi contestuali alle problematiche ricoperte da esso.” Tradotto in italiano significa: la sopraelevata non si tocca, e si restaurano gli spezzoni dei raggi che si diramavano dal Rondò della Stella, ormai completamente privati del loro senso e delle loro prospettive, con buona pace dei dotti imbonimenti sugli aspetti paesaggistici.
Ma il bello arriva adesso: “Gli scenari hanno come protagonista la pista per l’alta velocità: l’integrazione della sopraelevata in una nuova struttura di parco che vada a sfruttare le potenzialità della stessa trasformando gli svantaggi in vantaggi, o la demolizione della sopraelevata e il ripristino, ove possibile, dell’antico tracciato storico del Parco.
Con la demolizione si avrebbe una quasi completa restituzione al Parco di gran parte della sua continuità ma senza che questo risultato di grande valore comporti l’eliminazione dell’impianto e della sua funzione di circuito automobilistico internazionale.
Il recupero dell’unitarietà del Parco potrebbe inoltre prevedere il risanamento delle parti del Parco intercluse all’autodromo in un’ottica di unico insieme a cui viene ridata vita.”
Anche qui, traduzione: siccome non conosciamo quali saranno le sorti della F1 iniziamo a diversificare, sviluppando nuove attività anche se prive di coerenza con la missione originaria (quella della gare automobilistiche) purché siano redditizie.
Concludo con un numero: 47, che non è il proverbiale morto che parla ma i milioni di euro ipotizzati come costo della riqualificazione. Con quella cifra ci fai un’altra Gardaland e un centro commerciale. No, era solo per dire.

Alberto C. Steiner