Mancano 20mila addetti alla raccolta della frutta, secondo Coldiretti, che non possono essere reperiti né tra la manodopera locale né, tantomeno, fra quella polacca, montenegrina, rumena che fino allo scorso anno garantiva la raccolta della frutta e, successivamente, della preziosa uva da vino.
Le restrizioni dovute alle norme sulla pandemia hanno reso assolutamente improponibile l’arrivo dei lavoratori stagionali, tra quarantene e tamponi, green pass vari e limitazioni durante il poco tempo libero. Com’è avvenuto con il turismo, il flusso migratorio, al Trentino Alto Adige ha preferito la Spagna.
Chi è causa del suo mal pianga se stesso. La regione sconta l’iniziativa dell’aprile scorso, quando fu la prima in italiland ad istituire tanto severe quanto illecite limitazioni, prontamente revocate ma ormai il danno era fatto e le disdette in alberghi e ristoranti superarono le prenotazioni e l’immagine venne irrimediabilmente compromessa.
Di passaggio rammento che, a livello nazionale, il settore agricolo vale 32 miliardi di euro ed offre occupazione ad oltre un milione di lavoratori, spesso sovrapponendosi parzialmentre a quello ricettivo turistico, oggi in piena crisi.
Il decreto flussi, che ogni anno regolamenta i fabbisogni di forza lavoro del mondo agricolo, non è stato ancora pubblicato. Si è quindi in ritardo di almeno due mesi e, mentre si sta pensando a prorogare i permessi di soggiorno al 31 dicembre, sono allo studio iniziative per trattenere più a lungo i lavoratori impegnandoli su diverse colture e diversificandone le mansioni.
Stiamo in ogni caso parlando di lavori che non si improvvisano, pena la distruzione di vigne e frutteti per imperizia, ed il colpevole ritardo rende sempre più difficile l’organizzazione dell’arrivo di quei pochi lavoratori stranieri disposti a recarsi in Trentino Alto Adige.
E intanto, mentre i funzionari pubblici a stipendio garantito, risorti dallo smart working stiracchiandosi e sbadigliando, cincischiano con le liste di disoccupazione, la frutta inizia a marcire.
Tutto ha una fine, ma le province di Trento e Bolzano continuano a rappresentare il fiore all’occhiello delle mele. A questo giro però di quelle marce.
In compenso una lezione di stile e dignità arriva dall’Ossola, e certamente non dalla pubblica amministrazione.
Tale Matteo Antonio Rubino, autonominatosi scrittore e noto a se stesso, al proprio cane ed al portinaio del suo condominio, ha tentato, per acquisire un minimo di notorietà, di cavalcare la passione per i lupi che caratterizza gli animalisti urbani scrivendo quello che definisce romanzo, ma che altro non è che la trasposizione di materiale di WolfAlps, l’organizzazione miliardaria che vorrebbe rinchiudere greggi, mandrie e pastori in recinti – anzi farli scomparire in nome di un malinteso senso della wilderness – per lasciare i poveri lupi liberi di scorazzare in lungo e in largo per forre, valloni, pascoli e crinali.
Naturalmente in questo ambito si situa l’intoccabilità di alpeggi e boschi, così gli incendi potranno svilupparsi alla grande.
In sintesi: il libello di sfacciata propaganda con il quale il nostro avrebbe voluto contribuire al lavaggio del cervello dei ragazzi in età scolare, era pronto per la presentazione all’Alpe Devero, con tanto di promozione del WWF e da Io non ho paura del lupo, emanazione di WolfAlps che, con i milioni che muove, sostiene direttamente e indirettamente l’attivismo lupista, presentando il grande predatore in forme antropomorfe alla Disney e portando avanti una campagna denigratoria nei confronti degli allevatori che vivono la montagna con tutti i disagi ed i rischi che ciò comporta.
Mancava il FAI, notoriamente ovunque come la maf … ops, il prezzemolo, ma forse non erano stati avvertiti.
Inevitabilmente, a partire dal titolo imbecille: Osso la Lupa, il libercolo ha suscitato l’indignazione del Comitato allevatori, ed il parco del Museo dell’Alpeggio all’Alpe Devero, dove era prevista la presentazione, ha negato l’uso della propria struttura in quanto ha ravvisato l’intento provocatorio ed ingiurioso nei riguardi di allevatori e alpigiani.
Rubino ha quindi tentato di ripiegare su un albergo locale, dove è stato però accolto dal presidio informativo del Comitato allevatori che, tanto civilmente quanto fermamente, gliele ha cantate costringendolo a ridursi ad una conversazione al tavolo di un bar attorniato da quattro gatti.
Un plauso agli allevatori ossolani, che hanno dimostrato che ci si può far rispettare e che il lupismo è spesso una tigre di carta, pur se miliardaria, ed un esempio per gli allevatori delle altre aree alpine, che dovrebbero agire come gli ossolani, con fermezza e senza cedere alle provocazioni.
Alberto Cazzoli Steiner
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