Ravenna: sbarco provvisorio per il grano canadese avariato

Respinti dal porto algerino di Annaba, 337mila quintali di grano canadese avariato sono stati scaricati provvisoriamente a Ravenna.
È accaduto lunedì 16 agosto, vanificando il provvedimento di non ammissione allo sbarco del carico imbarcato sulla bulk carrier, nave porta rinfuse, Sumatra, battente bandiera portoghese, ferma nella rada ravennate dal 7 luglio.
La nave, proveniente dal porto canadese di Vancouver con il suo carico di grano giudicato non conforme, ha ricevuto il lasciapassare delle autorità per uno sbarco temporaneo, provvedimento bizantino, e che quindi ben si addice al porto romagnolo, che in sostanza dice: tu non puoi sbarcare il carico ma io te lo lascio sbarcare, stivato in un magazzino, e ti concedo due mesi per smaltirlo, bruciarlo, ripulirlo, sanificarlo ed utilizzarlo per alimentazione non umana.
Si comprende benissimo quale sarà, in questo non-paese colabrodo, disonesto e corrotto fino al midollo, la sorte del grano infestato da insetti e minato da infiltrazioni d’acqua che hanno creato muffe velenose.
La partita si trova ora nei magazzini Eurodocks in regime di deposito doganale grazie all’autorizzazione concessa dalla Direzione generale della sanità UVAC–PCF dell’Emilia-Romagna su istanza dell’importatore, Casillo commodities Italia Spa, società di trading leader del settore, che si occupa del commercio internazionale di cereali.
L’imbarco del carico era avvenuto il 5 marzo scorso, e dopo circa 45 giorni di navigazione la Sumatra, giunta nel porto algerino di Annaba, vi aveva sostato fino al 24 maggio in attesa delle verifiche sulla qualità della merce e, una volta appurato lo stato di grave alterazione del grano, è stata respinta per motivi sanitari, trovandosi nella condizione di ricercare una nuova destinazione dove scaricare i 337mila quintali deteriorati.
Ripreso il mare il 30 giugno, dopo un breve rifornimento presso Sarroch, in Sardegna, si è diretta, grazie alla mediazione dell’agente Spedra, al porto di Ravenna, giungendovi il 7 luglio alle ore 14.
Il 28 luglio le autorità portuali negavano lo sbarco ma il 12 agosto, accogliendo l’istanza di ricorso delll’importatore concedevano lo sbarco temporaneo.
La Casillo Commodities Italia è una società, tra le più importanti sul piano internazionale, che si occupa del commercio internazionale di cereali, con particolare attenzione ai mercati di Marocco, Algeria, Tunisia e Libia.
Nasce nel 1958 e le tappe significative dello sviluppo si hanno nel 1970 e nel 1990, con l’ingresso dei figli del fondatore, che portano l’azienda a divenire il leader del mercato di riferimento ed il principale fornitore dei più affermati pastifici nazionali, in grado di movimentare i cereali con una flotta di 30 navi e 250 autoarticolati. Il fatturato tocca i mille miliardi di lire.
Figura di spicco era Pasquale, soprannominato il re del grano, presidente degli industriali foggiani e proprietario del Foggia Calcio, oltre che di Salernitana e Bologna, con interessi, non concretizzatisi, verso Casertana e Roma.
Nel settembre del 1993 venne inquisito per concorso esterno in associazione mafiosa e, raggiunto da un’ordinanza di custodia cautelare, arrestato e brevemente detenuto. Venne scagionato da ogni addebito nel febbraio 2007 dal tribunale di Nola. Morì l’8 settembre 2020 per un tumore ai polmoni.
Il Gruppo svolge un’attività diversificata e dal 2008 impegna energie e investimenti in attività di mirate alla produzione di energia elettrica, che ad oggi ha portato a regime, in Puglia, impianti fotovoltaici per una potenza installata di 24MW.

ACS

Raccolta della frutta in Trentino Alto Adige: quello che semini…

Mancano 20mila addetti alla raccolta della frutta, secondo Coldiretti, che non possono essere reperiti né tra la manodopera locale né, tantomeno, fra quella polacca, montenegrina, rumena che fino allo scorso anno garantiva la raccolta della frutta e, successivamente, della preziosa uva da vino.
Le restrizioni dovute alle norme sulla pandemia hanno reso assolutamente improponibile l’arrivo dei lavoratori stagionali, tra quarantene e tamponi, green pass vari e limitazioni durante il poco tempo libero. Com’è avvenuto con il turismo, il flusso migratorio, al Trentino Alto Adige ha preferito la Spagna.

Chi è causa del suo mal pianga se stesso. La regione sconta l’iniziativa dell’aprile scorso, quando fu la prima in italiland ad istituire tanto severe quanto illecite limitazioni, prontamente revocate ma ormai il danno era fatto e le disdette in alberghi e ristoranti superarono le prenotazioni e l’immagine venne irrimediabilmente compromessa.
Di passaggio rammento che, a livello nazionale, il settore agricolo vale 32 miliardi di euro ed offre occupazione ad oltre un milione di lavoratori, spesso sovrapponendosi parzialmentre a quello ricettivo turistico, oggi in piena crisi.
Il decreto flussi, che ogni anno regolamenta i fabbisogni di forza lavoro del mondo agricolo, non è stato ancora pubblicato. Si è quindi in ritardo di almeno due mesi e, mentre si sta pensando a prorogare i permessi di soggiorno al 31 dicembre, sono allo studio iniziative per trattenere più a lungo i lavoratori impegnandoli su diverse colture e diversificandone le mansioni.
Stiamo in ogni caso parlando di lavori che non si improvvisano, pena la distruzione di vigne e frutteti per imperizia, ed il colpevole ritardo rende sempre più difficile l’organizzazione dell’arrivo di quei pochi lavoratori stranieri disposti a recarsi in Trentino Alto Adige.
E intanto, mentre i funzionari pubblici a stipendio garantito, risorti dallo smart working stiracchiandosi e sbadigliando, cincischiano con le liste di disoccupazione, la frutta inizia a marcire.
Tutto ha una fine, ma le province di Trento e Bolzano continuano a rappresentare il fiore all’occhiello delle mele. A questo giro però di quelle marce.
In compenso una lezione di stile e dignità arriva dall’Ossola, e certamente non dalla pubblica amministrazione.
Tale Matteo Antonio Rubino, autonominatosi scrittore e noto a se stesso, al proprio cane ed al portinaio del suo condominio, ha tentato, per acquisire un minimo di notorietà, di cavalcare la passione per i lupi che caratterizza gli animalisti urbani scrivendo quello che definisce romanzo, ma che altro non è che la trasposizione di materiale di WolfAlps, l’organizzazione miliardaria che vorrebbe rinchiudere greggi, mandrie e pastori in recinti – anzi farli scomparire in nome di un malinteso senso della wilderness – per lasciare i poveri lupi liberi di scorazzare in lungo e in largo per forre, valloni, pascoli e crinali.
Naturalmente in questo ambito si situa l’intoccabilità di alpeggi e boschi, così gli incendi potranno svilupparsi alla grande.
In sintesi: il libello di sfacciata propaganda con il quale il nostro avrebbe voluto contribuire al lavaggio del cervello dei ragazzi in età scolare, era pronto per la presentazione all’Alpe Devero, con tanto di promozione del WWF e da Io non ho paura del lupo, emanazione di WolfAlps che, con i milioni che muove, sostiene direttamente e indirettamente l’attivismo lupista, presentando il grande predatore in forme antropomorfe alla Disney e portando avanti una campagna denigratoria nei confronti degli allevatori che vivono la montagna con tutti i disagi ed i rischi che ciò comporta.
Mancava il FAI, notoriamente ovunque come la maf … ops, il prezzemolo, ma forse non erano stati avvertiti.
Inevitabilmente, a partire dal titolo imbecille: Osso la Lupa, il libercolo ha suscitato l’indignazione del Comitato allevatori, ed il parco del Museo dell’Alpeggio all’Alpe Devero, dove era prevista la presentazione, ha negato l’uso della propria struttura in quanto ha ravvisato l’intento provocatorio ed ingiurioso nei riguardi di allevatori e alpigiani.
Rubino ha quindi tentato di ripiegare su un albergo locale, dove è stato però accolto dal presidio informativo del Comitato allevatori che, tanto civilmente quanto fermamente, gliele ha cantate costringendolo a ridursi ad una conversazione al tavolo di un bar attorniato da quattro gatti.
Un plauso agli allevatori ossolani, che hanno dimostrato che ci si può far rispettare e che il lupismo è spesso una tigre di carta, pur se miliardaria, ed un esempio per gli allevatori delle altre aree alpine, che dovrebbero agire come gli ossolani, con fermezza e senza cedere alle provocazioni.

Alberto Cazzoli Steiner