Il mio linguaggio diventa sempre meno forbito e sempre più colorito, me ne rendo conto, ma nel nostro club ci stiamo ritrovando sempre più spesso appoggiati alla mensola del camino, a bere piscio fetido invece che a sorseggiare cognac.
Ciò deriva dal fatto che ormai, come dicono i Pirati dei Caruggi, il dolce consiste nella specialità della casa: torta di riso o prenderselo in culo. E la torta di riso è finita.Come lo scout che imperterrito vuole aiutare la vecchina ad attraversare la strada, anche il carrozzone Ismea persiste nel voler traghettare giovani, in particolare di sesso femminile all’agricoltura.
Ah, non si deve più dire femminile? Beh Zan, fai come dicono a Brescia: incület.
Dal 9 giugno al 7 settembre 2021 è possibile inviare manifestazioni di interesse per l’acquisto di uno o più terreni e in proposito Stefano Patuanelli del pitupitum-Mipaaf chiosa: “È essenziale per l’agricoltura 5.0, e il ricavato sarà reinvestito a favore dei giovani.” Dai, che figata! se poi qualcuno ci spiegasse il concetto di agricoltura 5.0…
E quindi eccoci con la quarta edizione della Banca nazionale delle terre agricole ai box di partenza: consulenti, faccendieri, finanza etica e banche che affilano gli artigli perché la posta in gioco sono oltre 16mila ettari che, spacchettati, diventeranno 624 potenziali aziende agricole, per un valore complessivo minimo atteso di 255 milioni di euro.
Con l’idea di reinvestire queste risorse integralmente a favore dei giovani agricoltori. Come? Per ora non sappiamo, cominciamo ad incassarli, poi si vedrà.
Si tratta del quarto lotto di terreni classificati agricoli, derivanti dalle operazioni fondiarie di Ismea e, all’insegna del meridionalismo di stato, sindacalista, pappone ed assegnatario, l’unico che permette di spremere il territorio come un limone, ubicati in particolare nelle regioni del Sud: Sicilia, Basilicata e Puglia coprono da sole oltre la metà delle superfici disponibili, a seguire Toscana con una quota del 17% e il resto distribuito tra Emilia-Romagna, Veneto, Lombardia, Piemonte e Liguria.
L’iniziativa punta a favorire l’ingresso degli under 41 nel settore primario attraverso la possibilità di pagare il prezzo del terreno con rate semestrali o annuali per un periodo massimo di trenta anni. Negli ultimi anni è cresciuto il numero di aziende a conduzione giovanile, ma il tasso di ricambio generazionale rimane piuttosto basso.
Gli appezzamenti in vendita comprendono 89 terreni di oltre 50 ettari per complessivi 8.384 ettari, 299 tra 10 e 50 per complessivi 6.529 ettari e 236 terreni con superficie inferiore ai 10 per un totale di 1.496 ettari. Vale a dire 624 nuove aziende potenziali, con una superficie media di 26 ettari.
Il meccanismo di aggiudicazione è quello della vendita all’asta, e la procedura è stata semplificata introducendo uno sportello telematico che, “oltre a garantire trasparenza (chi lo desidera può ridere) consente un accesso attraverso una applicazione di consultazione.”
Dopo l’invio della manifestazione di interesse è possibile partecipare alla procedura di vendita presentando un’offerta economica. L’incanto è fissato su quattro tentativi di vendita invece che sui tre tradizionali con la possibilità, per i terreni al quarto incanto, di presentare offerte libere sia in rialzo che in ribasso rispetto al valore a base d’asta, con un valore di soglia del 35% rispetto alla base d’asta, sotto il quale la vendita non può avere luogo.
Attenzione: non pensate che tra primo, secondo, terzo e quarto incanto trascorrano giorni: proprio perché la procedura è telematica se ne riparla l’anno successivo. Nel frattempo gli statali addetti alla procedura coccolano e tengono al caldo i terreni, rimpallandosi le pratiche tra uno smart-working e l’altro, la vendita sottobanco di prodotti, in ufficio e in nero, e proposte di crociere organizzate dai sindacati per leccaculo vaccinati.
Infatti, dei 624 lotti in vendita 335 sono al primo tentativo, 93 al secondo, 115 al terzo e 81 al quarto.
I terreni vengono ovviamente aggiudicati a chi offre il prezzo più elevato rispetto al valore minimo. Dalla sua istituzione, nel luglio 2016, la Banca nazionale delle terre agricole ha messo in vendita 15.478 ettari, 8.345 dei quali aggiudicati, per un controvalore di 84 milioni di euro, vale a dire 10.065,90 euro per ettaro.
Considerato che i valori dei terreni agricoli sono quanto mai variabili, perché nella Pianura Padana lodigiana, cremonese, mantovana ed emiliana un ettaro vale da 35 a 45.000 euro, uno di vigna a Montalcino ne vale 300mila e nel distretto del Barolo anche due milioni, in Puglia l’oliveta vale 20-25 mila e la vigna da tavola 33, i valori enunciati non significano nulla, se non che si tratta di terreni impervi, carenti di acqua e produttivi a costo di sforzi immani.
Come al solito lo stato biscazziere e ladro si ingegna a giocare con le speranze di numerosi giovani che si ritroveranno indebitati per il resto dei loro giorni, condurranno una vita di stenti fino all’inevitabile epilogo: la morte o i libri in tribunale, terreno all’asta e via con la giostra che ricomincia da capo.
Naturalmente il ministro, da bravo rappresentante di istituzioni infami e corrotte, tira l’acqua sporca al suo mulino: “Mettere a disposizione la terra è essenziale anche per costruire l’agricoltura 5.0 attraverso la riduzione dell’impronta ambientale e la sensoristica (non si capisce bene che minchia c’entri questo settore della tecnologia che si occupa dei metodi per progettare e realizzare sensori – NdA). E’ un progetto che permette di scoprire il valore delle terra con strumenti nuovi. Si tratta di ripartire con nuove consapevolezze, oltre a essere un modo per coinvolgere i giovani in questo bellissimo mondo che ci lega alla cultura. E’ un’opportunità che ha tante gambe per svilupparsi. Non mancheranno risorse e nemmeno idee da parte degli imprenditori agricoltori, dei giovani e delle giovani donne, che sono al centro delle politiche: garantire parità di genere e accesso alle nuove generazioni è una priorità. Nel settore primario c’è bisogno di imprenditoria giovanile e femminile.”
Come al solito, tanto scilinguagnolo per non dire un cazzo.
Una cosa è certa: in italiland se non sei figlio d’arte, con casale, terra e produzioni avviate da decenni non cavi un ragno dal buco. E già così è difficile, in un mestiere che non si improvvisa sui banchi di scuola, dopo aver frequentato webinar, seminari e corsi che, all’università della montagna, ti insegnano a tutelare le biodiversità accarezzando i lupi. Non avete ancora capito che è dall’asilo che vi prendono per il culo con il miraggio di un futuro, ovviamente secondo un modello da pubblicità automobilistica, tutto iperbole e competizione. E intanto vogliono che produciate, vi indebitiate e viviate da schiavi. Per morire vaccinati.
A proposito: e l’asta quando si terrà? Non c’è nessuno che lo sa.
Alberto Cazzoli Steiner
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