Neppure questa volta abdico al mio stile tranchant, chiaro e diretto: vivere in un ecovillaggio non salva dalla fame, da un’economia di sussistenza, da rinunce che possono essere vissute in modo doloroso a meno che non si sia dei fautori di un pauperismo francescano.
Ed anche in quel caso, se il pauperismo è stato immaginato in salotto piuttosto che in un cerchio di condivisione o in parrocchia, e vissuto nel corso di qualche ritiro spirituale, il contatto con la realtà può essere traumatico.
Non vedo, in ogni caso, perché perseguire l’ecosotenibilità o vivere in un ecovillaggio debbano esporre a giorni miserevoli, credo anzi che con gli opportuni accorgimenti si possa vivere bene, addirittura agiatamente.
Dipende da che cosa si coltiva, alleva, produce, trasforma e da come lo si fa, oltre che dai plus che si è in grado di offrire agli ospiti in materia di produzioni di nicchia, consulenze, benessere fisico e spirituale.
Non mi dilungo: chi mi segue ha oltre 600 articoli scritti in sette anni sui miei vari blog e siti
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per sapere come la penso e per conoscere svariate tecniche di approccio, realizzazione di una residenza condivisa in città ed in natura.
Vivere in una residenza condivisa, in campagna o in montagna, costituisce comunque un valido mezzo per contrastare i tanto opprimenti quanto odiosi controlli di polizia, oltre che la frequentazione, ed anche solo la visione, di polli in batteria in forma di maccheinomani detti anche mask addicted.
Appare evidente come le maggiori aree di disagio coincidano con le grandi città: a Bari,Napoli, MIlano, Roma o Torino la qualità della vita non sarà mai, né è mai stata, quella di Bolzano, Rimini, Orvieto, Parma o Treviso.
Al fine di una semplice riflessione propongo pertanto l’articolo che segue, da me tradotto e adattato, il cui originale è stato pubblicato oggi, 20 dicembre 2020, dall’Agenzia Associated Press, con il titolo Pandemic exposes the vulnerability of Italy’s “new poor”, la pandemia mette a nudo la vulnerabilità dei nuovi poveri.
Nei giorni scorsi un inviato di Associated Press ha intervistato una “persona qualsiasi”, individuata tra le migliaia che quotidianamente si avvalgono dell’assistenza della Caritas Ambrosiana.
La scelta è caduta su una donna 49enne, single e madre di tre figli, Elena Simone, ritenendola rappresentativa delle centinaia di migliaia di nuovi poveri causati dalle restrizioni alla libera circolazione, economiche e produttive adottate da questo governo infame con la scusa dell’immondo virus. L’intervistata vive a Novate Milanese, nei sobborghi di Milano
Elena Simone, estromessa dal mercato del lavoro in occasione della crisi finanziaria globale del 2008, si è barcamenata ricorrendo ad una miriade di piccoli lavori con i quali è riuscita a provvedere a se stessa ed ai propri figli. Ma le chiusure dovute non solo all’incapacità di proteggere adeguatamente i cittadini ma anche ad un preciso disegno di abbattimento dell’economia produttiva nazionale, le hanno dato il colpo di grazia.
Nella scorsa primavera Elena integrava il lavoro presso una mensa scolastica con le pulizie in alcune abitazioni, ma ha perduto entrambi i lavori con il primo blocco primaverile a causa delle scuole chiuse e delle persone confinate nelle proprie abitazioni. Quando il blocco è terminato Elena non è riuscita ad inserirsi nuovamente nel mercato del lavoro.
“C’è stato un periodo in cui mangiavo solo carote”, ricorda dalla sua cucina decorata con personaggi di peluche colorati a forma di verdure, affermando la necessità, per la prima volta nella sua vita, di avere bisogno di aiuto per mettere il cibo in tavola.
Su sollecitazione di un amico si è iscritta ai negozi di alimentari gestiti dalla Caritas Ambrosiana, e la sua copertura durerà fino a gennaio. Ma lei confida di essere fuori dagli elenchi di beneficenza per allora, per lasciare spazio alle persone ancora più bisognose rispetto a lei.
La Caritas Ambrosiana è un’organizzazione benefica dell’arcidiocesi di Milano, che oggi si occupa di oltre cinque milioni di persone.
Francesco Chiavarini, portavoce dell’organizzazione, afferma che la pandemia sta rivelando per la prima volta le profondità dell’insicurezza economica in una regione come la Lombardia, che genera il 20 per cento del prodotto interno lordo del paese.
La Caritas Ambrosiana ha fornito aiuto a 9.000 persone durante la chiusura primaverile, ed un quinto di queste ha riferito come la situazione finanziaria sia drasticamente peggiorata a partire dalle 10 settimane di chiusura. A queste persone, a partire dallo scorso mese di ottobre, si sono aggiunte quasi 700 famiglie che per la prima volta hanno chiesto aiuti alimentari.
Sono oltre 40 le organizzazioni che, nella capitale finanziaria, forniscono cibo su base giornaliera. Una delle più grandi, Pane Quotidiano, serve circa 3.500 pasti al giorno, a pari merito con l’Opera San Francesco e molti dei bisognosi una volta lavoravano come collaboratori domestici o in ristoranti e hotel, particolarmente penalizzati dalle restrizioni e, afferma Francesco Chiavarini: “Il fenomeno è più diffuso di quanto credessimo, soprattutto per una città ricca come Milano, e questi lavori, andati perduti, non sappiamo quando o se verranno ripristinati.”
Circa i nuovi poveri, Coldiretti è in grado di stimarne il numero: 300mila, dato ricavato sulla base dei sondaggi delle numerose associazioni di beneficenza che operano nella regione.
I ricercatori dell’Università Bocconi di Milano hanno affermato in un documento di lavoro dell’Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico lascoperta dell’acqua calda: a pagare il prezzo più alto delle restrizioni sono stati i cosiddetti colletti blu, la metà dei quali ha dapprima registrato un calo anche del 50 per cento delle retribuzioni, rispetto al 20% dei lavoratori di fascia alta, ed a molti non non è stato concesso il lusso di lavorare a distanza: le pulizie domestiche o industriali non le puoi fare in smart working.
“Quello che stiamo vedendo è un aumento sostanziale della disuguaglianza”, ha afferamto il ricercatore bocconiano Vincenzo Galasso, confermando che coloro che non sono garantiti da solidi contratti di lavoro sono i più esposti alla miseria.
Simone, per esempio, ha scoperto troppo tardi che il suo contratto in mensa la descriveva come una lavoratrice occasionale, il che significa che non aveva diritto a richiedere il sostegno del governo per sostituire il reddito perso e, ovviamente, i suoi lavori di pulizia erano rigorosamente in nero.
Anche quando i lavoratori erano qualificati per il regime di licenziamento a breve termine pubblico-privato italiano, i soldi sono arrivati in ritardo e generalmente di importo inadeguato a coprire le spese di base di una famiglia, considerando che la copertura di base è di 400 euro mensili, ma gli affitti in una città come Milano partono da circa 600 euro.
La sicurezza alimentare sta emergendo come una questione chiave con l’arrivo dell’inverno e Progetto Arca, che gestisce rifugi e altri servizi sociali a Milano, ha iniziato nel novembre scorso a gestire un camion di cibo il mese scorso per sostenere i senzatetto privati di sostentamento dalla chiusura di molti ristoranti e stabilimenti che assicuravano loro un minimo di nutrimento.
E non sono solo i senzatetto a fruire del servizio, se è vero che una notte un uomo ben vestito ha aspettato finché la fila non si era dissipata per poi identificarsi come avvocato, ma rifiutando ulteriori informazioni e chiedendo di non essere fotografato mentre portava via due pasti caldi e due sacchi di cibo per il giorno successivo, uno per il suo compagno che aspettava a casa.
Finora, le moratorie del governo sugli sfratti e il licenziamento dei lavoratori a contratto hanno contribuito a mantenere un limite a quella che gli operatori di beneficenza vedono come una crisi di povertà emergente. “Quando saranno tolti, vedremo il prezzo reale che dovremo pagare per questa pandemia”, ha detto Francesco Chiavarini, aggiungendo: “Celebriamo Milano come capitale dell’innovazione, ma da nessuna pèarte la povertà è evidente come in Lombardia, e sotto questi grattacieli di cui andiamo tanto fieri c’è un mondo nascosto di persone che vivono in condizioni di reale precarietà.”
traduzione e adattamento Alberto Cazzoli Steiner
Link originale: https://www.mail.com/int/scitech/healt/10404578-pandemic-exposes-vulnerability-italys-new-poor.html#.1258-stage-set2-6.
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