Quelle ombre che aleggiano sul Prosecco

FRANCE-AGRICULTURE-VITICULTURE-WINE

Drone impiegato nello spargimento di erbicidi e pesticidi – Gettyimages

Se la provincia di Treviso fosse uno Stato si collocherebbe fra i più longevi al mondo: l’aspettativa di vita dei maschi sfiora gli 82 anni e quella delle femmine supera gli 86.
Lo afferma l’articolo Prosecco, viticoltura e salute: accuse infondate pubblicato nel numero di giugno 2020 da Georgofili Info, il notiziario della nota Accademia fiorentina che si occupa di ambiente, e che riprendiamo integralmente.
Come afferma l’autore Donatello Sandroni «I dati sanitari della provincia trevigiana mostrano un quadro eccellente, soprattutto nei 15 comuni del Prosecco Docg, i più battagliati sul fronte pesticidi.»
Roba da mandarci i bambini affinché respirino aria buona dopo i tre mesi di clausura forzata dovuta al virus che ha contaminato innumerevoli cervelli.
Non importa se i dati sanitari pubblicati sul sito della ULSS2 Marca Trevigiana (https://www.aulss2.veneto.it/fitosanitari-e-salute) affermino come l’area coltivata a Prosecco sia una delle più inquinate e ad elevata morbilità.
Sull’argomento eravamo intervenuti il 1° marzo 2017: «Chi crede che il land grabbing sia un fenomeno tipico del Sud del mondo è in errore: accade anche da noi» incipit dell’articolo Fame un spritz, fameo bon co ‘na feta de limon   scritto a proposito della liberalizzazione attuata dalla Regione Veneto nel gennaio 2016 relativamente all’impianto di nuovi vigneti, che rese inarrestabile l’espansione delle vigne a Prosecco impennando i prezzi dei terreni e portando l’inquinamento di aria, acqua e suolo a livelli insostenibili a causa del massiccio uso di pesticidi ed altre sostanze chimiche.
Tornavamo sull’argomento il 12 luglio 2018 con l’articolo Prosecco, se mi bocci non vale dedicato alla candidatura delle colline del Prosecco di Conegliano e Valdobbiadene fra i siti culturali protetti come patrimonio mondiale dell’Unesco, bocciata con questa motivazione: “Le condizioni di notevole degrado ambientale non consentono di poter ragionevolmente argomentare di sito versato alla tutela dell’equilibrio dell’ecosistema.”
Riprendevamo infine il tema il 1° settembre 2019 con Vieni? No, unesco perché è tutto avvelenato: prosecco Docg  dedicato all’accoglimento della candidatura, che commentavamo con queste parole:
«Come è noto, alla fine la lobby del prosecco l’ha spuntata: i 18.967,25 ettari nel cuore del Veneto sono diventati patrimonio dell’umanità sotto le insegne dell’Unesco e il motto, anzi il mantra, “unione di cultura e natura in un paesaggio non riproducibile”.
Che non sia riproducibile ce ne accorgeremo quando non esisterà più, visto che oggi quel paesaggio sta scomparendo, eroso in misura variabile da 9.300 a 43.400 chilogrammi per ettaro, pari a 31 volte la media fisiologica ammissibile che va da 300 a 1.400 chilogrammi per ettaro.
L’erosione è un fenomeno assolutamente naturale, ma quello che nelle terre de ombre baciate dall’Unesco preoccupa è la velocità con cui avviene.
La ragione per cui avviene è una sola, si chiama “schei”, denaro, al quale è stata sacrificata qualsiasi cultura del lungo termine, qualsiasi forma di tutela del territorio, in un parossistico qui-e-ora che non prevede, anzi ne respinge il solo pensiero, quali saranno le conseguenze dell’eccessiva erosione fra venticinque, cinquanta o cento anni.

Le colture di vigneti, ricomprese nella cosiddetta agricoltura da versante, sono tra quelle che più stimolano i processi erosivi, e la ricerca dell’Università di Padova stima che il processo degenerativo potrebbe essere dimezzato se intorno alla produzione si allargasse una fascia di contenimento costituita da siepi intorno ai filari, fasce tampone e inerbimento delle aree dei vitigni.
Vi è stata, inevitabilmente, un’alzata di scudi da parte degli agricoltori che, oltre a contestare i dati della ricerca, hanno affermato come frenare l’erosione sia interesse primario di chi produce vino, indicando processi di mitigazione produttiva già avvenuti negli anni scorsi nelle zone del Chianti e delle Langhe, con esiti disastrosi per il fatturato.
Hanno perciò espresso la loro disponibilità ad intervenire, qualora sostenuti economicamente dallo Stato e dall’Unione Europea. L’80 per cento del prosecco varca la frontiera e, c’è da giurarci, l’80 per cento dei viticoltori sono a chiacchiere favorevoli all’indipendenza del Veneto.»CV 2017.03.18 Bancaterra 002Ne riparliamo quindi oggi, riportando integralmente il testo dell’articolo richiamato: «È una delle aree geografiche con le più alte aspettative di vita al mondo e mostra statistiche sanitarie al top per una molteplicità di patologie. Eppure la provincia di Treviso, patria del Prosecco, è una delle più battagliate del Belpaese a causa degli agrofarmaci utilizzati in viticoltura. Se da un lato il successo delle bollicine trevigiane ha portato crescita economica e reputazionale, dall’altro ha infatti inasprito le tensioni fra cittadinanza e viticoltori, accusati questi ultimi di avvelenare il territorio. Sono così fioriti comitati no-pesticidi, come pure si sono moltiplicate conferenze di associazioni che nell’allarmismo trovano da tempo la propria unica ragione di esistere. Non stupisce quindi che sia cresciuta fra i cittadini la sensazione di vivere in una “camera a gas”, infelice espressione spesso abusata da chi veda negli atomizzatori una metafora delle famigerate docce naziste.
Talvolta però il percepito dista molto dal reale.
Una comunicazione alquanto solida che pare purtroppo aver fatto scarsa breccia a livello popolare, poiché quando governa la paura a poco serve la ragione. A dispetto del rischio percepito, però, le locali aspettative di vita sono raddoppiate in un solo secolo, con i maschi trevigiani che sfiorano ormai gli 82 anni e le femmine che hanno superato gli 86. Fosse uno Stato, la provincia di Treviso si collocherebbe fra i più longevi al mondo. A conferma, si sono ridotte anche le morti precoci, quelle under 75, scese in un decennio del 24%. Di concerto l’età media di morte è salita da 78 a 81 anni, inducendo alcune modifiche nelle statistiche stesse, dato che una popolazione che invecchia è più soggetta a malattie come Alzheimer e demenze senili, cresciute infatti del 41%, come pure ai tumori, la cui incidenza s’impenna soprattutto sopra i 60 anni. Normalizzando i dati per l’età, infatti, i trend si mostrano incoraggianti, con una provincia di Treviso che presenta incidenze tumorali inferiori a quelle della Regione Veneto: -6% negli uomini e addirittura -18% nelle donne. Confrontando poi i dati dell’area a Docg, una delle più roventi sul fronte “pesticidi”, con le altre aree della Provincia, pressoché uguali si mostrano le incidenze di Alzheimer, Parkinson, SLA, sclerosi multipla, malattie renali e circolatorie. Leggermente migliore risulta invece proprio l’area Docg per diabete (0,3% contro 0,4%), malattie endocrine (1% contro 1,2%) e malformazioni congenite (0,5% contro 0,6%). Nemmeno analizzando i dati relativi ai linfomi non Hodgkin (prosecco-statistiche-ulss2-treviso.pdf) nei bambini fra zero e 14 anni emerge alcuna correlazione fra incidenza tumorale e presenza di vigneti, né quando espressi in termini di metri quadri pro-capite, né come densità territoriale sulle superfici comunali. Vi è semmai da interrogarsi sui perché Conegliano e Susegana, i due comuni più a Sud-Est fra i 15 della Docg, presentino insieme il 62,5% dei casi pur contabilizzando solo il 32% della popolazione dell’area del Consorzio. Una discrepanza che i numeri negano sia dovuta alla viticoltura. Tolti infatti questi due comuni dalle statistiche, i rimanenti 13 sarebbero decisamente sotto le medie nazionali ed europee per tale malattia nonostante l’alta densità viticola, come per esempio San Pietro di Feletto, che a vigneti mostra il 41% della superficie comunale, o Refrontolo, il quale ha la più alta metratura di vigneti pro-capite con quasi 2.500 metri quadri per abitante. Eppure, entrambi i comuni hanno incidenza zero per questa terribile patologia. Contro tali statistiche, decisamente schiaccianti, si schierano per lo più solo aneddotiche personali e correlazioni abitative avulse da prove concrete di causalità. Sicuramente, l’eccessiva vicinanza tra alcune abitazioni e certi vigneti è tema caldo su cui adoperarsi a livello politico e gestionale. Magari cercando anche di capire, però, quante di tali vicinanze siano dovute a nuovi vigneti posti al confine delle case e quante a nuove case costruite a ridosso delle vigne. Un dettaglio, questo, tutt’altro che trascurabile, visto che il Trevigiano è fra le prime province italiane per consumo dei suoli e cementificazione del territorio. Aspetti, questi, oscurati proprio dalle polemiche alimentate ad arte sui vigneti.»
Questo è quanto e, per dirla con le parole di un terrone, razza non particolarmente amata da queste parti: “così è se vi pare”.

Alberto Cazzoli Steiner