Stiamo perdendo terreno: mai così allarmanti i dati sul consumo del suolo

Nel 2018 Pacman si è letteralmente mangiato l’equivalente di 314.814,81 campi da pallavolo, 864,19 al giorno. Secondo le norme FIPAV, la Federazione che sovrintende a tale disciplina, un campo regolamentare deve essere largo 9 metri e lungo 18, vale a dire esteso su 162 m2, perciò 314.814,81 campi corrispondono a 50.999.999,22 m2, quasi 51 chilometri quadrati: un buco nero capace di far scomparire agevolmente il Lago di Lugano, che conta una superficie di 50,5 Km², alla velocità di 2 metri quadrati al secondo.CC 2019.10.24 Consumo suolo 001La palma non esattamente d’oro del consumo di suolo spetta per la seconda volta consecutiva al Veneto, seguito da Toscana, area metropolitana di Roma, Abruzzo e Campania.
Virtuosa la Puglia mentre, analiticamente, tra le città sono da segnalare Torino (+65,2%), Napoli (62,8), Milano (57,5), Pescara (51,3), Monza (49,7), Padova (49,5), Bergamo (45), Brescia (44,8), Udine (42,8), Bari (42,7) e Firenze (42).
Monza è scesa dal primo a quinto posto ma, e il dato è comune a tutta la penisola, non per virtù improvvisamente ritrovata o per aumento di sensibilità verso i problemi ambientali, bensì per mancanza di denaro e credito che hanno frenato l’apertura di nuovi cantieri.
Il disastro ha interessato le località litoranee, in particolare romagnole e abruzzesi, e le aree periurbane a media e bassa densità situate nelle pianure e nei fondivalle.
Il consumo di suolo è stato più intenso nelle aree già molto compromesse, in ragione di 10 volte rispetto a quelle meno consumate, e quasi la metà del suolo perso negli ultimi dodici mesi si trova nelle città.
L’ottava edizione del rapporto Consumo di suolo, dinamiche territoriali e servizi ecosistemici è stata diffusa a fine settembre da SNPA, Sistema Nazionale per la Protezione dell’Ambiente, che lavora di concerto con ISPRA, Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale: due presidenti, due consigli di amministrazione, due comitati scientifici. Tutto doppio, anche incarichi fotocopia in capo alle medesime persone. Sciambola, fin che dura …
Questo l’indirizzo per chi volesse consultare e scaricare il Rapporto, in formato PDF: https://www.snpambiente.it/wp-content/uploads/2019/09/Rapporto_consumo_di_suolo_20190917-1.pdf.CC 2019.10.24 Consumo suolo 002.jpgPer consumo di suolo si intende il suolo consumato a seguito di una variazione di copertura: da una naturale a ad una artificiale, ed il progressivo consumo coincide con una sempre maggiore estensione dell’impermeabilizzazione, ed è perciò evidente come, in occasione di eventi piovosi eccezionali, la massa d’acqua, in condizione non drenata, formi masse critiche arricchite da sedimenti sempre più consistenti asportati per erosione che, nel loro moto turbolento e impetuoso, causano i disastri a cui troppo spesso assistiamo.
Un aspetto che non viene considerato con l’attenzione che merita è l’estensione della superficie impermeabilizzata da nuove edificazioni, quasi pari al doppio della superficie del costruito e senza considerare le opere infrastrutturali che spesso accompagnano gli interventi.
I numeri dell’ultimo rapporto nazionale sono inquietanti: il consumo di suolo continua a crescere, e nell’ultimo triennio si è consolidato, sviluppando focolai di degrado dovuti essenzialmente ad un uso scorretto del territorio in ragione delle attività agroforestali e, soprattutto di quelle non agricole. La perdita di questa preziosa risorsa, rinnovabile solo a lungo termine (occorrono dai 100 ai 1000 anni perché si riformi 1 cm di suolo), è in gran parte dovuta all’uso di macchinari sempre più pesanti e potenti che se da un lato hanno consentito di abbreviare i tempi di lavoro, dall’altro, operando su territori agroforestali fragili, hanno contribuito a degradare il suolo.
Potremmo citare infiniti esempi di degrado a carico di regioni, province, comuni, alvei, consorzi, comprensori, zone protette e di rispetto, persino barene ed aree golenali.
Dovendo necessariamente limitarci, accenneremo al primo della classe al contrario, il Veneto, anche quest’anno primo in classifica anche se in lieve flessione con 923 ettari consumati contro i 1.100 del 2017. 570 ettari si sono perduti per cantieri di vario genere, dalla TAV ai centri commerciali all’autostrada A31 Rovigo – Piovene Rocchette detta della Val d’Astico ed alla Superstrada Pedemontana, 137 sono a carico dell’edilizia industriale e 132 a carico di quella residenziale pubblica e privata, ben 36 ettari vanno ascritti allo sfruttamento di cave, 61 alla realizzazione di viabilità ordinaria comunale e sovracomunale ed opere accessorie, 23 a carico delle aree agroforestali.
Analizzando in dettaglio i dati dei 20 comuni che presentano il consumo più elevato, variabile da 9 a 45 ettari, assommanti 314 ettari complessivi, pari al 34% di tutto il consumo regionale del 2018, risulta che circa 49 ettari sono dovuti alla costruzione di strade e 104 all’ampliamento di aree industriali. Rispetto all’anno precedente è diminuito il consumo di suolo dovuto alle infrastrutture, già assommante 130 ettari nel 2017, ripartiti fra i 23 comuni con consumo di suolo superiore ai 10 ettari.
I cantieri della TAV, e la ferrovia stessa ove in esercizio, occupano una fascia ormai ininfluente, a differenza di quelli della Pedemontana: ormai quasi tutti aperti ed avviati alla fase finale, nel 2018 hanno occupato 66 ettari tra le province di Treviso e Vicenza che, sommati ai 477 ettari degli anni precedenti, danno un totale di 543 ettari.
Da segnalare il notevole aumento del consumo dovuto alle aree industriali e terziarie, e tra queste immensi poli logistici con magazzini di proporzioni gigantesche: il più grande, esteso du 15 ettari, si trova a Nogarole Rocca, in provincia di Verona, ma sono da annoverare altri 5 magazzini con superfici superiori ai 5 ettari in costruzione dal 2016 (quasi ultimati) e il 2019 in varie località venete, destinati alla GDO e prevalentemente vocati ai prodotti alimentari e all’e-commerce.
Ancora nell’ambito industriale, è da segnalare nell’ultimo biennio un fenomeno caratteristico del Veneto, ed in generale del Nord-Est: l’ampliamento di strutture produttive già esistenti, a carico in particolare di aziende produttrici di materiale elettrico, manufatti metallici, mobili e manufatti in legno.
Ne approfittiamo per segnalare un’imprecisione contenuta alla pagina 217 del Rapporto, dove si afferma: “merita una riflessione il fatto che la costruzione o l’ampliamento di strutture produttive vada sempre a discapito di aree agricole.”
L’utilizzo dell’avverbio non riflette la realtà, costituita nella maggior parte dei casi da aree già adiacenti alle aziende che si espandono, spesso da tempo di proprietà delle stesse e già definite per lo sviluppo industriale, artigianale e terziario nei piani di governo del territorio.CC 2019.10.24 Consumo suolo 005Mancano purtroppo esempi virtuosi di recupero delle numerose aree dismesse disponibili, anche perché non sempre agevolmente possibili, come mostra l’immagine pubblicata qui sopra, ed è notevole il consumo di suolo per interventi di tipo residenziale turistico, come quello a Lazise illustrato nell’immagine sottostante.CC 2019.10.24 Consumo suolo 004Concludiamo la breve carrellata sulla regione menzionando il ricordo di un libro che fu illuminante: lo leggemmo nel 1996 e ci rimase dentro. Il suo titolo è Schei, e lo scrisse Gian Antonio Stella.CC 2019.10.24 Consumo suolo 006Ça va sans dire, il Rapporto raccomanda maggiore attenzione alla pianificazione da attuarsi attraverso la completa conoscenza dei tipi di suolo, la valutazione dell’impatto che determinati usi “agricoli ed extra agricoli” possono causare sull’ambiente, formulando voti affinché “si tengano particolare attenzionati i processi idrologici ed i rapporti acqua-suolo.”
Belle parole, a parte attenzionati, che è un termine da sbirri, ma ci sia consentita una citazione:
Una parola ancora
Parole, parole, parole
Ascoltami
Parole, parole, parole
Ti prego
Parole, parole, parole
Io ti giuro
Parole, parole, parole, parole,
parole, soltanto parole
parole tra noi
Rimangono l’amaro in bocca e la domanda se abbia ancora senso argomentare di sostenibilità ambientale, di protezione e conservazione dell’ambiente quando i fatti dimostrano che oggi l’atteggiamento della massa e dei suoi decisori politico-amministrativi è improntato al più classico dei chissenefrega, sorretto da un’abissale ignoranza.

Alberto Cazzoli Steiner