L’olio veneto non viene dalla Tunisia

CC GardaNel mondo degli stereotipi piace individuare i Veneti come stupidi mangiapolenta.
Non è così e lo sappiamo bene, pur se anche fra loro si annoverano compagni che sbagliano, per esempio i Benetton, arroganti teste di cazzo che vanno in giro a tentare di opprimere il mondo accompagnati da un fotografo che, se non avesse loro come mecenati, sarebbe costretto a mangiare la minestra dai frati. Ma non è di questo che oggi desideriamo parlare.
Quasi nessuno lo sa, o vuole ricordarlo, ma anche il Veneto produce olio. Nella ridicola misura dello 0,24% rispetto al 37% della Puglia, su un totale nazionale (ci riferiamo allo stato estero dell’Italiland del quale il Veneto è colonia) di 70 milioni di quintali.
Lo produce sul Garda e in Lessinia, nei Colli Euganei e sui Monti Berici, ed è un prodotto così di nicchia, e meno che marginalmente asservito ai contributi pubblici, che i produttori non hanno mai pensato di creare immondi ibridi con oli “di provenienza dell’unione europea” piuttosto che nordafricani.
Parliamone da un punto di vista organolettico: gli olii europei sono quelli spagnoli, greci e turchi. Tutta un’altra musica, provare per credere.
Ne parliamo perché oggi l’olio veneto, ed anche quello di produzione nazionale, sono a rischio. Tanto per ambiare.
Il governo del cambiamento, in persona di Federolio e Coldiretti, ha siglato il 28 giugno scorso un contratto di filiera sull’olio extravergine, riconoscendo … 4 euro al kg su un complessivo di 10mila tonnellate.
L’obiettivo ufficiale è quello di “assicurare la sicurezza e le diffusione dell’olio italiano al 100%, stabilizzando le condizioni economiche della vendita” secondo quanto riporta un comunicato stampa di Coldiretti, sottoscritto anche da Unaprol, Federolio, Filiera agricola italiana ed altri fucilatori del regime.
Insorge il CNO, Consorzio Nazionale Olivicoltori: “Non copre i costi di produzione delle aziende olivicole e punta a valorizzare le miscele con oli extracomunitari ed è un attentato al Made in Italy.” E lancia online una petizione contraria al patto.
Il presidente del Consorzio nazionale degli olivicoltori, Gennaro Sicolo, così commenta il patto tra Coldiretti e Federolio, usando espressioni, giustamente, pesanti: “L’accordo di filiera farlocco siglato tra Coldiretti Unaprol e Federolio è un attentato all’Italia, ad uno dei prodotti simbolo del made in Italy, l’olio extravergine d’oliva, ai produttori del nostro paese e alla salute dei consumatori” aggiungendo: “nel contratto di filiera il lavoro degli olivicoltori vale circa 4 euro al Kg, ben al di sotto dei costi di produzione: 4,80 euro/Kg al Sud, 7 euro/Kg al Centro, 9 euro/Kg al Nord. La Coldiretti svende la dignità dei pochi produttori olivicoli che gli sono rimasti.”
Non ci addentriamo ulteriormente nel merito della notizia, del resto il nostro intento è quello di evidenziare, al di là degli strombazzamenti con i quali aedi, araldi e saltimbanchi hanno annunciato il nuovo governo “del cambiamento” come si persegua l’intento di svilire identità ed autonomia economica, secondo la più antica delle strategie: un popolo malato, imbelle, affamato diventa facile preda delle mire espansioniste di chi garantendo cibo, il minimo indispensabile alla sopravvivenza è ovvio, chieda in cambio identità e dignità.
Cose facilissime, peraltro, da carpire nell’Italiland. Quasi senza colpo ferire.

Alberto C. Steiner