Apple store mediolanensis: sarà un troiaio come sui ponti di Venezia

CC 2018.06.28 Liberty 002Così come Tarantasio, il drago del lago Gerundo, si confondeva sotto il pelo dell’acqua pronto a ghermire le proprie prede, lo store Apple c’è ma non si vede.
La differenza è che nelle fauci del mostro creato da Stefano Impieghi (al quale ho sempre, di gran lunga, preferito Stefano Disegni) le prede ci si infileranno volontariamente, gioiose anzi e paghe di aver titillato il proprio miserrimo ego nel convincimento di sentirsi speciali discendendo, fra due colonne d’acqua, la scala che dalla Piazza Del Liberty li condurrà all’ipogeo Paese dei Balocchi ricavato nello spazio che fu del cinema Apollo.
I lavori, partiti non senza suscitare polemiche lo scorso anno, sono in dirittura d’arrivo e, ci informa Citylife: “Grazie a un’originale soluzione architettonica l’accogliente anfiteatro esterno sarà il posto perfetto per condividere le proprie passioni, scoprirne di nuove e approfondire le proprie capacità. Si scende nello store passando tra due alte pareti d’acqua: sono quelle che formano la grande fontana, omaggio alle piazze italiane e allo stretto legame tra Milano e i suoi navigli nella piazza è sempre aperta a costituire un moderno anfiteatro dove sedersi, rilassarsi e vedersi con gli amici.”
Leggi queste cose e non puoi più sostenere che a Milano non scorrono fiumi di droga. Scorrono, invece, e si tratta di roba brutta.
Saremo inguaribili romantici serotini, esteti decadenti, ma noi su quella scalinata – interdetta ai disabili motori – ci vediamo un troiaio come quello che ormai domina i ponti di Venezia: accumuli di carne sfatta e maleolente che vocifera masticando panzerotti acquistati da Luini e sputazzandone briciole insalivate, cicche di sigaretta, bicchieri di pseudocarta con cannuccia perché ormai non si beve, ridotti allo stadio neonatale si ciuccia. E nottetempo pisciate, e forse anche peggio, sui cui residui malamente rimossi e igienizzati l’indomani qualche coppia si siederà a limonare.
I rendering sono sufficientemente esplicativi, in particolare quello dell’enorme totem in cristallo, a piano strada, che ospiterà i giochi d’acqua fungendo anche da megaschermo per promuovere il brevetto Apple dedicato ad un sofisticato sistema audiovideo spaziale.
Del resto lo disse a chiare lettere Angela Ahrendts, vice presidente del colosso di Cupertino, secondo un certo immaginario collettivo alternativo allo strapotere delle multinazionali imperialiste, easy e persino hippy nonché ecofriendly e amato da ogni architetto o intellettuale di sinistra che si rispetti: “I nuovi Apple Store sono progettati per fungere da moderne piazze e punti di incontro, luoghi vitali per le persone e le città che li ospitano.”
E quello di Piazza Del Liberty sembra, in tal senso, l’applicazione meglio riuscita perché trasformerà la piazza in un anfiteatro.
Come? No, non c’entra nulla: quella era Anna, anzi Hannah, Arendt, l’autrice de La banalità del male, il libro che parlava dei crimini nazisti e che in Le origini del totalitarismo scrisse: “Finora la convinzione che tutto sia possibile sembra aver provato soltanto che tutto può essere distrutto. Ma nel loro sforzo di tradurla in pratica, i regimi totalitari hanno scoperto, senza saperlo, che ci sono crimini che gli uomini non possono né punire né perdonare. Quando l’impossibile è stato reso possibile, è diventato il male assoluto, impunibile e imperdonabile, che non poteva più essere compreso e spiegato coi malvagi motivi dell’interesse egoistico, dell’avidità, dell’invidia, del risentimento; e che quindi la collera non poteva vendicare, la carità sopportare, l’amicizia perdonare, la legge punire.” Assolutamente fuori contesto.CC 2018.06.28 Liberty 001A nostro avviso quello che altri definiscono restyling urbano noi lo chiamiamo aberrazione, degrado culturale, prima ancora che ambientale, che sporca, ferisce, umilia il senso (residuo) delle nostre città, occupandole con l’equivalente fashion e tecnologico delle tende dei franzosi o dei lanzichenecchi travisato addirittura da azione illuminata finalizzata ad una migliore fruizione degli spazi urbani.
Del resto le stazioni della metropolitana si chiamano ormai Garibaldi Nissan (220mila euro per tre anni) piuttosto che San Siro Mediaset Premium (180mila euro annui, concessione biennale scaduta e prorogata fino a settembre, poi si vedrà), Tre Torri Allianz-Generali (5 milioni di euro per dieci anni), Cenisio Monte Paschi (55mila euro annui per tre anni) e, per finire, Gerusalemme Ibl Banca, a 60mila euro annui: saranno discendenti dei poveri cavalieri del tempio?
Il discorso, sia chiaro, è generale ed investe beni monumentali ed architettonici, e il fatto che siano sponsorizzati da qualche multinazionale non è di per sè negativo, se ne consente fruizione, conservazione, manutenzione. Se questo dà fastidio agli statalisti ad ogni costo vale la famosa risposta del colonnello Nathan Jessup /Jack Nicholson che i miei lettori ben conoscono, visto che gli statalisti più che aspettarsi assegnazioni di cohousing, organizzare mercatini finto bio, blaterare e promuovere la tradizione del cicciopirillo, purché andino perché fa cultura altra e nuovo paradigma, non hanno fatto. Per tacere di ben altro.
Resta il fatto che la scalinata che condurrà allo store, un enorme piano inclinato con gradini di dimensioni francamente eccessive e fuori contesto, e (lo ripetiamo) non accessibile ai disabili motori con buona pace del DPR 503/96, occuperà il 68 per cento della superficie della piazza discriminando di fatto gli utenti dello store (gli utili appleiani) dagli altri ai quali della mela mangiucchiata non interessa nulla.
I disabili, lo riferiamo per dovere di cronaca, potranno comunque accedere al negozio mediante un ascensore, come a dire: in qualità di consumatori sono benevenuti, per il resto stiano fuori dalle palle, che con le loro carrozzine compromettono e deturpano il messaggio di gente giovane, attiva, sana, benestante.
Giusto per finire in belezza: dal 1946 ad oggi, salvo le parentesi morattiana e albertiniana (Forza Italia) e formentiniana (Lega) e un commissariamento dal marzo al giugno 1993, i sindaci succedutisi alla guida della città sono stati socialisti in varie salse (addirittura una coalizione DC-PSI-PC concomitante l’elezione di Antonio Greppi, sindaco dal 27 aprile 1945 al 25 giugno 1951). I più recenti, è noto, sono stati Giuliano Pisapia e l’attuale, Giuseppe Sala, dei quali sono note le posizioni politiche. Ed è proprio nel corso di questi ultimi mandati che la città ha conoscoiuto una progressiva mercificazione totale.
Sic stantibus… avevamo pensato di concludere questo scritto con la nota esortazione: dimmi qualcosa di sinistra. No, meglio di no. Un bel tacer non fu mai scritto.

Alberto C. Steiner

Mobilità insostenibile: Monza, Italiland

CC 2018.06.27 Monza Stazione 001Terza città lombarda dopo Milano e Brescia per numero di abitanti, capoluogo dell’operosa plaga briantea, comunemente detta di Teodolinda poiché la proba regina longobarda, fulgido esempio per le innumerevoli vergini locali, vi ebbe corona ferrea e lungo regno.
Secoli dopo venne additata quale esempio in senso opposto, allorché tale Virginia (ah, le ricorrenze onomastiche!) De Leyva, sventurata monaca, rispose alle profferte dell’apparentemente corrusco Giampaolo Osio. Il tutto ben circostanziato nell’opera omnia di Don Lisander,  per chi volesse approfondire.
Da quella trista vicenda passò molta acqua sotto i ponti del fiume Lambro sino a quando, il 26 maggio 1805, Napoleone Bonaparte (che non si è mai capito se fosse Bonaparte o Buonaparte, ma i milanesi hanno risolto brillantemente la questione: Montenapo e ciao) venne, anzi si incoronò Re d’Italia nel Duomo di Milano, dove fu appositamente portata la Corona Ferrea che fu di Teodolinda e che si dice sacra poiché conterrebbe un chiodo della croce di Cristo.
Parentesi: a contare tutti i chiodi della croce che risultano in giro c’è da metter su un negozio di ferramenta. Anche con i prepuzi di Gesù non c’è da scherzare, come ebbi modo di constatare in altra sede. Chiusa parentesi.
Tornando all’incoronazione, le cronache del tempo riferiscono come Napoleone, accostatosi all’altare, prese la corona ferrea, se la pose da solo in capo sopra quella imperiale e pronunciasse la famosa affermazione: “Dio me l’ha data, guai a chi la tocca.”
Riferito alla corona? Noi riteniamo di si, anche se recenti vicende presidenziali transalpine lascerebbero spazio ad alcuni dubbi. Ma non è questa la sede.
Insomma, stando agli episodi sin qui narrati sembrerebbe che l’energia primodiale che nel gioiello brianteo move il sole e l’altre stelle sia la fi…, ehm, l’organo genitale femminile, ed in ogni caso non senza un certo spocchiosetto ritegno da ghe l’hoo domâa mì, ce l’ho solo io.
In questa città, pressoché baricentricamente collocata tra Varese e la storica Pontida ebbe notevole sviluppo il movimento dei trogloditi con l’elmo cornuto in testa, molti dei quali avrebbero invero potuto risparmiare spesa e peso dell’elmo.
Fu teatro, il 29 luglio del 1900, del noto regicidio ad opera di un anarchico. La città, che conserva tuttora una segreta stazioncina ferroviaria “reale” poco discosta da quella principale, lungo la linea per Chiasso, si affrettò ad erigere monumenti e cappelle espiatorie badando a tenere rigorosa distanza da qualsiasi moto, comunella o camarilla che non fosse all’insegna del mira il tuo popolo mia bella signora (nessun riferimento alla monaca De Leyva di cui ho scritto sopra, detta la Signora) che pien di giubilo oggi ti onora, poiché l’imperativo è sempre stato produrre, fatturare, far vedere che se g’haa i danéè, che si hanno i soldi, e farsi vedere alla messa di mezzogiorno in Duomo.
Non crediate che nel Tertium Millennium le cose siano cambiate: in questa avanzatissima fucina di idee e, va da sè, solidarietà e accoglienza, il 12 giugno scorso alcuni solerti agenti della polizia locale hanno interrotto un flashmob improvvisato dagli allievi della Scuola di Musica del Lago di Costanza accanto all’Arengario, credendo che costoro suonassero per chiedere soldi ai passanti.
In questa città dal parco cintato più grande d’Europa e dalle menti, tra le più ristrette non solo d’Europa, recintate con il filo spinato, Cicciolina si candidò sindaco nel 2002 proponendo la trasformazione della Villa reale in casinò. Venne trombata ma le cronache non ci riferiscono se le dispiacque.
Inquadrato il soggetto eccoci al punto: in questo luogo la mobilità sostenibile è trattata come una pezza.
Il progetto di una terza stazione ferroviaria, denominata Monza Est e che sgraverebbe il traffico veicolare su gomma lungo l’asse orientale dlla città, oltre che servire egregiamente il parco, è stato definitivamente cassato. Motivazione: non dover costruire una banchina al servizio dei viaggiatori della linea per Lecco via Molteno, da demolire e ricostruire quando la stazione (sarebbe stata) attrezzata anche per la fermata dei treni percorrenti la parallela linea per Lecco via Carnate con diramazione per Bergamo.
Il tutto, se proprio i cittadini ci tengono, potrà essere affidato ad un referendum. Da tenersi il 30 febbraio, presumo.
Nel frattempo, nella stazione esistente, gli ascensori non funzionano da gennaio. Non funziona quello di piazza Castello corrispondente all’accesso retrostante ed alla stazione degli autobus, e non funziona quello in corrispondenza del primo binario.
I cittadini rivolgono le proprie lamentele a Trenord, non sapendo che l’azienda serve solo per gestire l’esercizio ferroviario e che la protesta andrebbe rivolta a Ferrovie dello Stato proprietaria degli impianti. Gli ascensori sono però di proprietà comunale, in uso all’azienda ferroviaria. Ma nessuno si prende la briga di spiegarlo al popolo bue. Nel frattempo la stazione ferroviaria di una città di 125mila abitanti è interdetta ai disabili.

Alberto C. Steiner