Le favole della buona notte: ecosostenibilità di un autodromo

Girava per casa una preziosa edizione ottocentesca della Divina Commedia illustrata dal Dorè ed io bambino, ammirando la venustà di Cleopatra, credetti che la frase “Dio me l’ha data, guai a chi me la tocca” l’avesse pronunciata lei.
Solo anni più tardi scoprii come fosse attribuiita a Napoleone per la nota vicenda dell’autoincoronazione avvenuta il 26 maggio 1805 nel Duomo di Milano, e riguardasse la corona ferrea della monzese Teodolinda.
E nell’autunno del 2000, quando divenni cittadino monzese, compresi come il generale corso avesse azzeccato in pieno un certo spirito dell’antica Modœtia: ciò che abbiamo è nostro per diritto divino, e guai a chi vuole portarcelo via. Costi quello che costi, meglio se con i soldi degli altri.
E dopo cotanta premessa vengo al dunque: come ogni anno si sprecano polpettoni, ritorsioni, discussioni, diatribe, interrogazioni parlamentari sul futuro della Formula Uno. Monza, no Imola. No, Ecclestone non la vuole più in Italia. Allora bisogna pagare, ma deve farlo lo Stato poiché la F1 rappresenta un interesse nazionale (se questa vi sembra degna dello Zelig proseguite nella lettura: scoprirete che non è così).
Ed ecco che, contestualmente al bailamme di qualche notte di mezza estate, viene spolverata dai media locali l’analisi strategica intitolata Programma di adeguamento e riqualificazione dell’Autodromo di Monza pubblicata da Sias, gestore dell’Autodromo, e Automobile Club Milano nell’aprile scorso.CC 2016.07.17 Autodromo Monza 001Chi si aspettasse il solito peana all’importanza della Villa e del Parco come un più grande polmone verde cintato d’Europa e blablabla, seguito da proposte esclusivamente incentrate sulle esigenze dell’autodromo è in errore: la relazione, affidata ad esperti forestali, ambientali e paesaggisti, tiene nella giusta considerazione il valore del Parco nei suoi aspetti naturalistici, storici e scenografici.
Tentando di portare subito dopo acqua al mulino dell’autodromo, è ovvio. Per esempio come si legge in questo passaggio a pagina 8: “Il programma è basato su un’azione integrata di riqualificazione della pista e del sistema paesaggistico ambientale circostante. L’obiettivo è innalzare il valore complessivo del Parco di Monza quale patrimonio di un’ampia collettività e di assoluto interesse nazionale.”
E, come scrivono sulla confezione di certi prodotti alimentari “del contadino” piuttosto che “di nonna Pina” ecco l’equivalente del “come una volta”, a pagina 22: “Nella cartografia storica del Brenna del 1845 è importante notare alcune delle architetture vegetali che hanno fatto la storia del Parco: l’asse del Mirabello nella sua sezione centrale e nord, il Rondò della Stella con i suoi dieci raggi, il Serraglio dei Cervi.”
Però, visto che ormai il danno è fatto, andiamo a pagina 77: “Il Viale Mirabello con i suoi filari di querce, in alcuni casi ultracentenarie, e per la sua lunghezza e linearità rappresenta uno dei grandi elementi qualificanti del disegno del Parco di Monza; purtroppo il viale risulta ad oggi gravemente menomato nella sua estensione a nord dove è stato interrotto diverse volte dalle curve sopraelevate e dalla Variante Ascari. Nella parte nord, in corrispondenza del Rondò della Stella, il Viale Mirabello si infrange inesorabilmente sulla pista (la sopraelevata nord) dopo pochi metri, togliendo la connessione fisica e visiva dell’asse prospettico. Al di là della sopraelevata, nella sua estensione nord, il viale perde la sua grandezza.”
Seguono a questo punto proposte tecniche e scenografiche che porterebbero la pista ad essere “ancora più integrata nel Parco come elemento naturale, in un continuum ecologico con l’ecosostenibilità del luogo.” Come no.CC 2016.07.17 Autodromo Monza 002Tralascio modifiche al tracciato e interventi di compensazione e mitigazione proposti, e vado subito al dunque: “Si propongono interventi come il ridisegno di assi prospettici storici, nel caso in cui vi siano tracce di questi. Inoltre, si considera fondamentale tenere conto dello stato attuale della struttura del Parco includendo il tracciato per l’alta velocità sopraelevato, in modo da proporre interventi contestuali alle problematiche ricoperte da esso.” Tradotto in italiano significa: la sopraelevata non si tocca, e si restaurano gli spezzoni dei raggi che si diramavano dal Rondò della Stella, ormai completamente privati del loro senso e delle loro prospettive, con buona pace dei dotti imbonimenti sugli aspetti paesaggistici.
Ma il bello arriva adesso: “Gli scenari hanno come protagonista la pista per l’alta velocità: l’integrazione della sopraelevata in una nuova struttura di parco che vada a sfruttare le potenzialità della stessa trasformando gli svantaggi in vantaggi, o la demolizione della sopraelevata e il ripristino, ove possibile, dell’antico tracciato storico del Parco.
Con la demolizione si avrebbe una quasi completa restituzione al Parco di gran parte della sua continuità ma senza che questo risultato di grande valore comporti l’eliminazione dell’impianto e della sua funzione di circuito automobilistico internazionale.
Il recupero dell’unitarietà del Parco potrebbe inoltre prevedere il risanamento delle parti del Parco intercluse all’autodromo in un’ottica di unico insieme a cui viene ridata vita.”
Anche qui, traduzione: siccome non conosciamo quali saranno le sorti della F1 iniziamo a diversificare, sviluppando nuove attività anche se prive di coerenza con la missione originaria (quella della gare automobilistiche) purché siano redditizie.
Concludo con un numero: 47, che non è il proverbiale morto che parla ma i milioni di euro ipotizzati come costo della riqualificazione. Con quella cifra ci fai un’altra Gardaland e un centro commerciale. No, era solo per dire.

Alberto C. Steiner