Quella Pedemontana che porterà soldi. E diossina.

Sembra che la molecola sia più degradabile alla luce del sole, e le stime dicono che i suoi effetti impieghino più di cento anni ad annullarsi. Finora ne sono passati solo quaranta e il veleno è ancora lì.
Sto parlando della diossina TCDD, ormai nota come Diossina di Seveso, quella che fuoriuscì il 10 luglio 1976 dallo stabilimento Icmesa.CC 2016.07.17 Pedemontana 001Uno studio effettuato a un quarto di secolo dal disastro svelò come gli effetti misurati su un campione statisticamente ampio di popolazione fossero ancora elevati, evidenziando la probabilità di avere alterazioni neonatali ormonali e deficit fisici e intellettuali durante lo sviluppo (AA.VV.: Neonatal Thyroid Function in Seveso 25 Years after Maternal Exposure to Dioxin). Un’indagine svolta dall’ARPA Lombardia nell’ottobre 2008 confermò i dati estendendo dettagliatamente il ventaglio delle possibili patologie.
La storia infinita della Pedemontana, la faraonica A36 a detta di molti palesemente inutile, in provvidenziale ritardo di anni nella tratta da Lentate sul Seveso a Orio al Serio a causa della mancanza di risorse finanziarie e di investitori privati, scettici circa la possibilità di un ritorno economico, proprio in occasione del quarantesimo anniversario della tragedia di Seveso si trova al passaggio più critico e delicato: la tratta interposta tra Seveso e Meda che, se si farà, dovrà essere realizzata sbancando a ridosso dell’area ex-Icmesa.CC 2016.07.17 Pedemontana 002Dal 3 maggio al 30 giugno scorsi sono stati effettuati mediante carotaggi i campionamenti previsti dal Piano di Caratterizzazione approvato in via definitiva nel 2015, ma partito solo quest’anno dopo le correzioni richieste dai comuni consorziati: Barlassina, Cesano Maderno, Seveso, Desio e Bovisio Masciago.
Un comune ha sempre rifiutato di far parte del consorzio: Meda, che continua tuttora a sostenere l’opera perché “porta a casa soldi” senza avere idea, o meglio fregandosene della devastazione del territorio, ma pensando solo a spostare un torrente (il Tarò, affluente del Seveso) per costruire un sottopasso della ferrovia e consentire in quell’ambito la realizzazione di un nuovo centro commerciale. Se non si realizza la tratta B2, come ormai sembra possibile, non ci saranno i finanziamenti per il sottopasso e di conseguenza non sarà possibile realizzare il centro commerciale.CC 2016.07.17 Pedemontana 003Una breve digressione che fa comprendere quale sia la consapevolezza ecologica in quella che è una delle aree più popolate della Brianza: c’era una volta una linea tramviaria, inaugurata nel 1878, che univa Milano a Giussano, con una breve diramazione tra Cusano e Cusano Milanino. La linea venne progressivamente ridotta a Carate, a Seregno e infine a Desio per essere soppressa, secondo il gesuitico lessico dell’ATM di Milano, in via provvisoriamente definitiva nel settembre 2011 per effettuarvi opere di ammodernamento, ovviamente mai partite.
I veri nemici della tramvia, specialmente a partire dagli anni ’60 del secolo scorso, furono proprio abitanti e commercianti delle località servite, che lamentavano di non poter parcheggiare le auto a causa della presenza dei binari.
Un dettagliato articolo sul progetto di riqualificazione e sul costo spropositato del rendering, pubblicato il 16 gennaio 2014 sul vecchio blog, è leggibile qui: Mobilità insostenibile.
Tornando al disastro di Seveso, il 10 luglio commemorandone la ricorrenza scrissi: “Nell’estate del 2002 l’allora presidente degli industriali del mobile di Monza e Brianza mi raccontò che all’epoca la maggior preoccupazione dei mobilieri locali era quella di perdere clienti a causa del clima di terrore e di “caccia alle streghe”, proprio d’estate quando la gente pensa a ristrutturare la casa.” Il testo integrale è leggibile qui.CC 2016.07.17 Pedemontana 004Per l’effettuazione dei carotaggi è stata utilizzata una sonda campionatrice che effettua prelievi nel terreno mediante una tubazione infissa nel terreno a rotopercussione, spinta e ruotata in modo da prelevare una sezione cilindrica del diametro di circa 12 cm. Sono stati effettuati 642 campionamenti su 214 punti di prelievo: un primo campione tra 0 e 20 cm di profondità, il secondo tra 20 e 100 cm e infine il terzo tra 100 e 200 cm. Per ogni carota lunga 2 metri si sono quindi prelevati tre campioni.
Purtroppo ci sono voluti sette anni perché i carotaggi venissero disposti: da Pedemontana e da Regione Lombardia la presenza di diossina non era stata considerata un problema, che si sosteneva anzi di poter eventualmente trattare come hotspot, punti singoli.
L’indagine limita purtroppo la propria area di intervento alla sola opera autostradale, poiché Pedemontana ha accettato di prendere l’incarico di ricercare la diossina solo sul sedime delle opere in progetto, rifiutandosi di eseguire una ricerca più estesa nei comuni dove la nube della diossina ricadde nel 1976.
E la stessa legge impone bonifiche quando si riscontra un terreno contaminato oltre il limite dei 10 nanogrammi. Ma tace sulle percentuali inferiori al limite ma pericolose per la salute, e la diossina è già pericolosa ai livelli infinitesimali di picogrammi, un ordine mille volte inferiore. Movimentando certi terreni potrà accadere di rimettere in circolazione milioni di pico grammi, e la dose letale per una persona è di 2 picogrammi al giorno per 1 kg di peso corporeo.
Nelle analisi effettuate tali valori sono contenuti migliaia di volte. Per chiarire il concetto: se ci si trova su un terreno con 9 nanogrammi, quindi sotto il limite di 10 di legge, quei 9 nanogrammi per chilo di terreno corrispondono a 9000 picogrammi, una quantità in grado di aggredire una quarantina di persone.
Il progetto ipotizza di movimentare 4 milioni di metri cubi di terra, di cui almeno 600mila contaminati, per un totale di oltre un milione di tonnellate. Il conto è presto fatto.
A causa del rischio insostenibile che deriverebbe dagli scavi, in ragione del lievitare spropositato dei la costi che società dovrebbe affrontare in caso di bonifiche obbligatorie, e per il fatto che i cinque miliardi necessari non ci sono, oggi è difficile dire se la Pedemontana verrà realizzata. Negli ultimi anni sembra che abbia preso il sopravvento l’idea di abbandonare la tratta B2 potenziando invece l’attuale Milano-Meda, anche perché alcuni studi sui flussi di traffico effettuati per conto dei comuni avrebbero confermato che, per evitare il pedaggio autostradale, con la Pedemontana ci sarebbe un incremento di flusso ma nella viabilità intercomunale a causa del collettamento per incanalare il maggior traffico nei comuni più a valle.

Alberto C. Steiner

Le favole della buona notte: ecosostenibilità di un autodromo

Girava per casa una preziosa edizione ottocentesca della Divina Commedia illustrata dal Dorè ed io bambino, ammirando la venustà di Cleopatra, credetti che la frase “Dio me l’ha data, guai a chi me la tocca” l’avesse pronunciata lei.
Solo anni più tardi scoprii come fosse attribuiita a Napoleone per la nota vicenda dell’autoincoronazione avvenuta il 26 maggio 1805 nel Duomo di Milano, e riguardasse la corona ferrea della monzese Teodolinda.
E nell’autunno del 2000, quando divenni cittadino monzese, compresi come il generale corso avesse azzeccato in pieno un certo spirito dell’antica Modœtia: ciò che abbiamo è nostro per diritto divino, e guai a chi vuole portarcelo via. Costi quello che costi, meglio se con i soldi degli altri.
E dopo cotanta premessa vengo al dunque: come ogni anno si sprecano polpettoni, ritorsioni, discussioni, diatribe, interrogazioni parlamentari sul futuro della Formula Uno. Monza, no Imola. No, Ecclestone non la vuole più in Italia. Allora bisogna pagare, ma deve farlo lo Stato poiché la F1 rappresenta un interesse nazionale (se questa vi sembra degna dello Zelig proseguite nella lettura: scoprirete che non è così).
Ed ecco che, contestualmente al bailamme di qualche notte di mezza estate, viene spolverata dai media locali l’analisi strategica intitolata Programma di adeguamento e riqualificazione dell’Autodromo di Monza pubblicata da Sias, gestore dell’Autodromo, e Automobile Club Milano nell’aprile scorso.CC 2016.07.17 Autodromo Monza 001Chi si aspettasse il solito peana all’importanza della Villa e del Parco come un più grande polmone verde cintato d’Europa e blablabla, seguito da proposte esclusivamente incentrate sulle esigenze dell’autodromo è in errore: la relazione, affidata ad esperti forestali, ambientali e paesaggisti, tiene nella giusta considerazione il valore del Parco nei suoi aspetti naturalistici, storici e scenografici.
Tentando di portare subito dopo acqua al mulino dell’autodromo, è ovvio. Per esempio come si legge in questo passaggio a pagina 8: “Il programma è basato su un’azione integrata di riqualificazione della pista e del sistema paesaggistico ambientale circostante. L’obiettivo è innalzare il valore complessivo del Parco di Monza quale patrimonio di un’ampia collettività e di assoluto interesse nazionale.”
E, come scrivono sulla confezione di certi prodotti alimentari “del contadino” piuttosto che “di nonna Pina” ecco l’equivalente del “come una volta”, a pagina 22: “Nella cartografia storica del Brenna del 1845 è importante notare alcune delle architetture vegetali che hanno fatto la storia del Parco: l’asse del Mirabello nella sua sezione centrale e nord, il Rondò della Stella con i suoi dieci raggi, il Serraglio dei Cervi.”
Però, visto che ormai il danno è fatto, andiamo a pagina 77: “Il Viale Mirabello con i suoi filari di querce, in alcuni casi ultracentenarie, e per la sua lunghezza e linearità rappresenta uno dei grandi elementi qualificanti del disegno del Parco di Monza; purtroppo il viale risulta ad oggi gravemente menomato nella sua estensione a nord dove è stato interrotto diverse volte dalle curve sopraelevate e dalla Variante Ascari. Nella parte nord, in corrispondenza del Rondò della Stella, il Viale Mirabello si infrange inesorabilmente sulla pista (la sopraelevata nord) dopo pochi metri, togliendo la connessione fisica e visiva dell’asse prospettico. Al di là della sopraelevata, nella sua estensione nord, il viale perde la sua grandezza.”
Seguono a questo punto proposte tecniche e scenografiche che porterebbero la pista ad essere “ancora più integrata nel Parco come elemento naturale, in un continuum ecologico con l’ecosostenibilità del luogo.” Come no.CC 2016.07.17 Autodromo Monza 002Tralascio modifiche al tracciato e interventi di compensazione e mitigazione proposti, e vado subito al dunque: “Si propongono interventi come il ridisegno di assi prospettici storici, nel caso in cui vi siano tracce di questi. Inoltre, si considera fondamentale tenere conto dello stato attuale della struttura del Parco includendo il tracciato per l’alta velocità sopraelevato, in modo da proporre interventi contestuali alle problematiche ricoperte da esso.” Tradotto in italiano significa: la sopraelevata non si tocca, e si restaurano gli spezzoni dei raggi che si diramavano dal Rondò della Stella, ormai completamente privati del loro senso e delle loro prospettive, con buona pace dei dotti imbonimenti sugli aspetti paesaggistici.
Ma il bello arriva adesso: “Gli scenari hanno come protagonista la pista per l’alta velocità: l’integrazione della sopraelevata in una nuova struttura di parco che vada a sfruttare le potenzialità della stessa trasformando gli svantaggi in vantaggi, o la demolizione della sopraelevata e il ripristino, ove possibile, dell’antico tracciato storico del Parco.
Con la demolizione si avrebbe una quasi completa restituzione al Parco di gran parte della sua continuità ma senza che questo risultato di grande valore comporti l’eliminazione dell’impianto e della sua funzione di circuito automobilistico internazionale.
Il recupero dell’unitarietà del Parco potrebbe inoltre prevedere il risanamento delle parti del Parco intercluse all’autodromo in un’ottica di unico insieme a cui viene ridata vita.”
Anche qui, traduzione: siccome non conosciamo quali saranno le sorti della F1 iniziamo a diversificare, sviluppando nuove attività anche se prive di coerenza con la missione originaria (quella della gare automobilistiche) purché siano redditizie.
Concludo con un numero: 47, che non è il proverbiale morto che parla ma i milioni di euro ipotizzati come costo della riqualificazione. Con quella cifra ci fai un’altra Gardaland e un centro commerciale. No, era solo per dire.

Alberto C. Steiner