Le mani sulle città

Venezia apripista nel limitare gli affitti turistici promossi mediante la piattaforma Airbnb. È la prima città d’Italia: lo decreta un emendamento del dl aiuti, presentato da Nicola Pellicani, ça va sans dire piddino, e quel che è peggio veneziano, per «regolamentare un fenomeno fuori controllo, una formula che rischia di snaturare i centri storici delle città d’arte trasformandoli in parchi ad uso esclusivo dei turisti».
Le mani sulla città è un film drammatico del 1963, una spietata denuncia della corruzione e della speculazione edilizia nel Sud negli anni sessanta, quelli del boom. Si svolge nella Napoli della camorra, che non viene però mai espressamente nominata, è diretto da Francesco Rosi ed interpretato princialmente da Rod Steiger, che interpreta uno spregiudicato costruttore edile, e Salvo Randone.
Se all’epoca la connotazione ambientale e sociale era la destra monarchica di Lauro (non dimentichiamo che i registi impegnati come Rosi, Lizzani, Loi, Wertmuller, erano tutti collocati ideologicamente a sinistra) negli anni successivi il segnavia si è progressivamente spostato verso la sinistra, non quella proletaria dell’Alfasud o di Bagnoli bensì quella dei radical-chic.
La camorra però è rimasta.
Tornando a Venezia, Pellicani (ci sarebbe stato meglio cocal) chiosa: «l’emendamento autorizza il Comune a statuire un tetto al numero di immobili affittabili per pochi giorni mediante le piattaforme digitali. La finalità, e del resto ce lo chiede l’Europa, è quella di favorire i contratti a lunga durata per interrompere la fuga dei residenti da Venezia.»
Ogni singola casa potrà inoltre essere affittata per un massimo di 120 giorni all’anno mentre, per 245 giorni residui sarà il Comune a concedere la facoltà di locazione.
Airbnb o Booking rendono disponibili a Venezia oltre 7.000 abitazioni ad uso turistico, ed a queste si aggiunge una quota minoritaria di sommerso, vale a dire soluzioni non registrate e promosse attraverso il passaparola.
La ratio del provvedimento promette inoltre di essere un toccasana contro lo spopolamento progressivo subito dai residenti, oggi quantificabili in sole 50mila unità poiché, si afferma, gli alloggi vengono commercializzati per lo più abusivamente da agenzie internazionali con sede all’estero, e lo stesso prefetto, Zappalorto ha dichiarato che «se Venezia è un patrimonio dell’umanità non si può continuare a pensare che l’utilizzo di queste proprietà sia nella piena disponibilità dei privati.»
Scontato il plauso del sindaco Brugnaro, e l’appoggio di quello fiorentino Nardella: «L’obiettivo è di aumentare il livello della proposta turistica per impedire gli abusi e rendere più trasparente l’offerta, a vantaggio di tutti. Come già per altri ambiti, Venezia avvierà una sperimentazione a vantaggio poi anche di altre città che ci stanno osservando.» Lo stop agli affitti brevi va di pari passo con l’istituzione del ticket di ingresso e, mentre l’Associazione Piccoli Propretari annuncia battaglia, e Giorgio Spaziani Testa, presidente nazionale di Confedilizia, afferma trattarsi di un emendamento liberticida, con una disposizione di assai dubbia costituzionalità che attribuisce a un’amministrazione comunale il potere di stabilire se, come e quando un cittadino possa esercitare il diritto di proprietà sulla sua casa, Firenze, Verona e Bologna chiedono di poter replicare
Di recente, inoltre, Airbnb è stata obbligata a trasmettere i dati sugli affitti brevi al fisco: lo ha stabilito la Corte di giustizia europea intervenuta per un caso sollevato in Belgio, e la vicenda potrebbe avere ripercussioni in tutta Europa
La norma veneziana segue di poco più di un mese il decreto – peraltro scritto malissimo – che pretende di stabilire, con la scusa del green, l’uso che i proprietari romani fanno dei loro immobili ad uso turistico.
La ragione ufficiale sarebbe «la salvaguardia ambientale, paesaggistica e del patrimonio storico, artistico, archeologico e monumentale, nonché della sostenibilità ambientale, infrastrutturale, logistica, della mobilità e della vivibilità necessaria alla fruizione dei luoghi da parte della collettività, e spetterà all’amministrazione capitolina fissare criteri specifici in riferimento a determinati ambiti territoriali per lo svolgimento di attività di natura non imprenditoriale di locazione di immobili ad uso residenziale per fini turistici, nel rispetto dei principi di stretta necessità, proporzionalità e non discriminazione.»
Siamo alle solite: parole vuote, ridondanti, in un italiano approssimativo mediato dal politicamente corretto dei più porci fra i radical-chic, con atmosfere d’effetto per il popolo bue: ambiente, paesaggio, mobilità, sostenibilità, collettività, inclusione.
Perché tutto questo? Semplice: per esercitare il controllo che ai figli di preti e comunisti, merdacce insicure quali sono, preme oltre ogni dire, e la loro vigliaccheria si spinge a fingere di convincere (riuscendoci) di lavorare per il bene dei cittadini e dell’ambiente, ma in realtà per mettere i bastoni fra le ruote a chi si permette di godere e disporre degli immobili che possiede, magari non frutto di okkupazioni bensì di mutui, rinunce e sacrifici all’insegna del motto: deprimere, reprimere, sopprimere.

Alberto Cazzoli Steiner

Era dalla morte di Eudaimonia che non scrivevo più parolacce, ma non posso più esimermi dal chiamare questi subumani e le loro nefandezze con il loro nome.

Il futuro? È nelle mani dei giovani e degli imprenditori sociali

Con il trascorrere del tempo sono sempre più felice di non aver dato corso, pur avendone ottenuto le necessarie abilitazioni, alla carriera di giornalista: durante il tirocinio scrissi su La Libertà di Piacenza, Il Corriere di Sesto San Giovanni e, ebbene sì, anche L’Unità, e debbo dire con esiti lusinghieri.
Ho però evitato di far parte di quel mondo, rivelatosi falso, servo, vile, infingardo, superficiale, ignorante e, lo constatiamo quotidianamente, frequentato da gente massimamente priva di dimestichezza con la lingua di Dante.
Il giornalista doc è oggi una mera puttana esecutrice di ordini di scuderia: purché la paghino scrive ciò che le dicono di scrivere e secondo una ben precisa metrica, evitando accuratamente di menzionare fatti non attinenti l’ortodossia del momento. Detto in altri termini, una vera merda.
Esistono le eccezioni, è ovvio, ma vengono messe al margine, godendo al massimo di uno spazio di finta opposizione, oggi condiviso con comunisti pentiti, avvocati falliti ed ex-militari opportunisti in modo da confondere sempre più il popolo bue.
Esaurita questa premessa veniamo al dunque, previo un cameo sicuramente insignificante per la massa dei beoti ma che mi addolora ed inquieta: il secolare abete rosso, eradicato dai boschi del Trentino e installato in piazza San Pietro a Roma per essere addobbato quale albero di Natale sta morendo ma, nonostante sia in fin di vita, trasmette ancora impulsi elettrici, la voce attraverso cui gli alberi comunicano.
Tragica ironia: un albero morente posto a celebrare la vita, la rinascita, nell’agorà di una religione di sangue, morte, antropofagia, inciuci e traffici spesso innominabili.
E non venitemi a raccontare che simboleggia il percorso alchemico morte-putrefazione-trasformazione-rinascita.
Che la Commare Secca volteggi sempre sempre più nei cieli del nostro tempo non è un mistero: da più parti si tende alla solerte esecuzione di un preciso disegno: l’espunzione identitaria per giungere alla disumanizzazione ed alla consistente riduzione della popolazione mondiale.
La ricreazione, nata dalla rivoluzione industriale è finita, e con essa la torta di riso (citazione da I Pirati dei Caruggi): per chi detiene il potere è d’uopo tornare ad un mondo di servi della gleba, acritici ed acefali automi da impiegare come schiavi-consumatori.
E quindi vai di epidemie farlocche, vaccini letali, restrizioni alla libertà ed alla dignità, che trovano per altro vasto consenso in una maggioranza lobotomizzata.

Ma state sereni: le mutazioni genetiche non riguardano solo gli esseri un tempo umani. A firma Cinque Stelle è pronto un disegno di legge che accelera le procedure per la diffusione di nuovi prodotti biotecnologici, propagandati come non-Ogm in quanto ingegnerizzano organismi della stessa specie, invece di incrociare specie diverse: una svolta devastante contro il principio di precauzione a firma dei deputati membri della Commissione Agricoltura della Camera Chiara Gagnarli, Giuseppe L’Abbate, Luciano Cadeddu, Luciano Cillisi, capeggiati dal presidente Filippo Gallinella.
L’ennesimo voltafaccia del partito che ha sempre fatto della contrarietà alla manipolazione genetica una delle sue bandiere, e che non voleva governare con il partito di Bibbiano.
La proposta di legge, modificando il decreto 8 luglio 2003 n.224, sdogana le procedure per l’utilizzo di varietà vegetali ottenute in laboratorio con tecniche di genome editing e cisgenesi. Un fatto mai avvenuto finora per la ferma opposizione dei consumatori, degli agricoltori e delle organizzazioni ambientaliste. Questa mossa rischia di esporre ulteriormente l’agricoltura alla contaminazione da Ogm e alla biopirateria, danneggiando gli agricoltori e la qualità del cibo in un paese che ha sempre visto una forte opposizione pubblica ai prodotti della manipolazione genetica.
Pare che, fra gli altri, i produttori di quel liquido apparentemente commestibile chiamato prosecco si stiano spellando le mani per applaudire un falso scientifico che ha fini meramente politici ed economici, sovrapponibili a quelli dei grandi gruppi multinazionali interessati alla coltivazione dei nuovi Ogm per sfruttarne i diritti di proprietà intellettuale.
Naturalmente, non verranno valutati i rischi ambientali, sanitari ed economici prima della commercializzazione, utilizzando così contadini e consumatori come cavie. Esattamente come sta accadendo con i sieri benedetti.
Ma il mainstream ed il popolo bue pensano a colpevolizzare i no-vax.
Fortunatamente non mancano movimenti e fermenti veramente alternativi al pensiero unico dominante, anche se gli organi di disinformazione di regime non ne parlano.
Nella cornice delle Officine Grandi Riparazioni, monumentale complesso ottocentesco torinese un tempo dedicato alla manutenzione dei veicoli ferroviari, il 2 dicembre si sono incontrati i changemaker, innovatori che cambiano il mondo con la forza dei loro sogni: imprenditori sociali, studenti, professionisti, membri di fondazioni e istituzioni pubbliche.
Erano circa tremila, provenienti da 90 paesi e seduti vicini vicini, liberi di respirare senza stracci in faccia. Che sappiamo non è morto nessuno, fulminato dal coviddium.
L’evento è stato promosso da Ashoka Italia, organizzazione che da oltre 35 anni costruisce e sviluppa la più grande rete mondiale di imprenditori sociali.
Ma chi sono questi imprenditori sociali e cosa fanno? Chi sono questi changemaker? Semplicemente persone alle quali brillano gli occhi di amore ed entusiasmo, e che si battono per il futuro di una nuova società basata sullo stare insieme, ciascuno alla propria maniera avendo il coraggio di fare il primo passo, credendo nelle proprie capacità, nel futuro e nelle comunità connesse.
Le loro testimonianze parlano di modi innovativi di fare scuola, del potere di diversità, inclusione e innovazione, del ruolo della filantropia, di come dare energia alle aree decentrate, portando esperienze che hanno già creato impatti positivi sui territori.
E poi c’erano i giovani: coraggiosi, motivati, ispirati, nuovi di zecca, che non ascoltano chi dice loro di smetterla di sognare ad occhi aperti.
Giovanissimi, prevalentemente ventenni, spinti da motivazioni più grande delle loro già grandi idee, ribaltando con la loro energia i luoghi comuni portati avanti dai molti, compreso quel nano porco veneziano che vede le nuove generazioni come fannulloni o scansafatiche.
Il bello è che quando parliamo di innovatori sociali ci immaginiamo visionari ed eroi con i superpoteri che fanno cose che tutti gli altri non possono fare. Nulla di più sbagliato, solo persone il cui superpotere è semplicemente quello di credere nelle loro idee, e di voler contribuire a cambiare questo paese, pezzo dopo pezzo, perché il futuro non appartenga solo a pochi eletti, ma a tutti.

Alberto Cazzoli Steiner